Sono arrivate ieri in Libano le tredici suore di cui si erano perse le tracce il 5 dicembre scorso durante gli scontri tra insorti islamici e forze lealiste a Maalula, località nota per i suoi numerosi antichi monasteri cattolici e ortodossi e per essere uno dei pochi luoghi d’Oriente dove si parla ancora una variante dell’aramaico, la lingua parlata all’epoca di Cristo.
Ad accoglierle c’erano trenta macchine giunte ad Arsal, località libanese dove è avvenuto il rilascio delle suore. In cambio il regime di Bashar al-Asad libererà 153 attiviste antigovernative rinchiuse nelle carceri siriane.
Le religiose erano state trattenute nelle montagne della zona di Qalamun dalla “Jabhat al-Nusra”, una tra le principali milizie islamiche che combatte contro Damasco. Sembra che la negoziazione sia stata portata avanti da una parte dall’intelligence libanese, vicina al regime siriano, dall’altra dal Qatar uno dei protettori e finanziatori della Jabhat al-Nusra.
Secondo gli insorti che hanno tenuto prigioniere le tredici suore, non si sarebbe trattato di un sequestro.
“Le abbiamo trattenute per salvarle dai bombardamenti di Assad.”
Stefania Fava