Dopo cinque anni di indagini sull’Ilva la procura della Repubblica di Taranto chiede il rinvio a giudizio per cinquanta persone – fra cui il governatore della Puglia Nichi Vendola – e tre società. La richiesta è stata depositata ieri alla cancelleria del giudice per le indagini preliminari da parte del procuratore capo Franco Sebastio. Vendola è accusato di tentata concussione, secondo la procura avrebbe fatto pressione sull’Arpa affinché fosse meno intransigente nei controlli ambientali all’Ilva. La risposta del governatore della Regione Puglia arriva con un comunicato stampa dai toni polemici “Abbiamo difeso la fabbrica e i lavoratori. Se questo è un reato, sono colpevole”. Le accuse più pesanti, comunque, sono a carico della famiglia Riva, Emilio e i figli Nicola e Fabio e di Luigi Capogrosso ex direttore dello stabilimento. Dovranno rispondere, infatti, di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale, mentre Adolfo Buffo, successore di Capogrosso, è stato accusato di aver omesso le necessarie misure di sicurezza, causando la morte di due operai nell’autunno del 2012. Concussione e associazione a delinquere per Girolamo Archinà, ex consulente “tuttofare” della famiglia Riva, e per i cinque “fiduciari” Lanfranco Legnani, Giovanni Rebaioli, Enrico Bessone, Agostino Pastorino ed Alfredo Ceriani.
La procura non risparmia altri amministratori locali e vertici Arpa. Omissione di atti d’ufficio per il Sindaco di Taranto Ezio Stefano, in particolare accusato di essere a conoscenza della situazione, avendola denunciata alla Magistratura, ma di non aver fatto nulla per fronteggiarla.
Sono stati, invece, accusati di favoreggiamento il direttore dell’Arpa Giorgio Assennato, l’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, e il presidente della commissione regionale Ambiente Donato Pentassuglia.
Cesare Bifulco
