Riduzione delle tasse e rimodulazione della spesa sono le parole chiave di Visco, durante l’assemblea annuale di ieri. Ma questa mattina, già arrivano le prime critiche e polemiche. Il deputato del Pdl e ex ministro della Difesa, Antonio Martino, in un’intervista al Corriere della Sera, dichiara: «Il severo monito è roba del passato. E secondo me il governatore dovrebbe parlare di politica monetaria, astenendosi dai giudizi sulla politica – e, aggiunge – mai nessun paese nel mondo è riuscito ad avere sviluppo con una spesa pubblica superiore al 40% del reddito nazionale. All’Italia servono riforme, non manovre».
Meno tasse. Il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nella sua relazione riconosce l’impegno di questo governo di risanare i conti pubblici ma si deve continuare ad agire sul piano strutturale con un «disegno complessivo». Quella che l’Italia sta vivendo è una crisi economica di portata globale: uscirne non sarà facile e «il percorso non sarà breve». Percepisce anche la difficoltà di crescita dell’Unione Europea, ma il 2012, sostiene Visco, «non potrà che essere un anno di recessione per le incertezze finanziarie e le drastiche, pur se indispensabili, misure di correzione del bilancio pubblico».
Ripresa alla fine del 2012. Se queste sono le parole del capo della Banca centrale italiana, di certo non possono essere di grande conforto per i cittadini che hanno perso il lavoro o che, tassati in ogni modo, non riescono ad arrivare a fine mese. L’unico spiraglio di speranza carpito dalle sue prime “Considerazioni finali”, durante l’assemblea annuale di ieri, è che verso fine anno probabilmente ci sarà una lieve ripresa.
L’innalzamento della pressione fiscale è, però, giunto «a livelli ormai non più compatibili con una crescita sostenuta». Visco invita, dunque, il governo al «ridimensionamento fiscale» ma l’appello è volto anche alle grandi imprese, alle quali chiede «uno sforzo finanziario aggiuntivo perché rafforzino il capitale delle loro imprese».
Tasse e crescita sembrano non essere sulla stessa lunghezza d’onda. Il 2012, però, raggiungerà il massimo storico, il 49,2% del Pil, mentre nel 2013, aumenterà ancora toccando il 49,5%. Se ne può dedurre, quindi, che almeno fino al prossimo anno, non ci sarà crescita.
Sara Stefanini