Dopo la sofferta approvazione in Senato il governo ha lasciato decadere il decreto legge sugli enti locali. Nel provvedimento era contenuta la disposizione Salva Roma che avrebbe strappato il Campidoglio dal pericolo dissesto finanziario e dal conseguente commissariamento. La norma, che doveva essere discussa oggi alla Camera, sarebbe dovuta necessariamente passare entro il 28 febbraio 2014. Altrimenti non sarebbe potuta essere convertita in legge.
Appena 2 giorni per discutere. I tempi erano concitatissimi ma andavano fatti i conti con l’opposizione durissima esercitata da Lega e Movimento 5 Stelle. I deputati del Carroccio avevano oltretutto fatto ricorso all’eccezione di incostituzionalità, riserva eliminata dalla stessa rinuncia della maggioranza nel presentare la norma. Erano stati inoltre proposti emendamenti a pioggia (350). Testimonianza concreta del serrato boicottaggio esercitato sul decreto da parte dell’opposizione. Roma perde così, all’istante, fondi per 485 milioni di euro. Un fiume di soldi che la capitale aveva bruciato sforando il bilancio 2013 e ipotecando altri debiti da contabilizzare nel 2014. Cifra da capogiro quella relativa al deficit complessivo sofferto dal Comune: oltre un miliardo di euro.
Allarme in Campidoglio. Il sindaco Ignazio Marino sa bene che è a forte rischio l’erogazione dei pagamenti per servizi resi alla pubblica amministrazione. Di conseguenza saranno in pericolo numerose aziende. La scadenza di titoli e obbligazioni detenuti dal Comune minaccia l’intera tenuta economica della città. Per evitare il default capitolino si sarebbe dovuto procedere con l’affiancamento del ministero dell’Economia al Campidoglio con l’attuazione di un piano di rientro triennale. Esclusa con fermezza la fiducia al decreto da parte del governo Renzi, indiscrezioni raccontano che lo stesso leader Pd abbia segnato, in cima allo scadenzario di governo, la possibilità di redigere un nuovo testo di legge per gli enti locali e per mettere in sicurezza i conti del Comune di Roma.