La polemica che vede il Teatro dell’Opera di Roma nell’occhio del ciclone non dà segni di cedimento. Al contrario, la situazione sembra precipitare con la possibilità che venga indetto uno sciopero proprio in occasione della prima della “Manon Lescaut” di domani 27 febbraio, diretta da Riccardo Muti, e, a seguire, di tutte le repliche dell’Opera. Solo negli anni ‘80 accadde qualcosa di simile.
Causa scatenante l’adesione del cda del Costanzi, guidato dal sovrintendente Carlo Fuortes, alla legge Bray, che comporta un piano di risanamento con pareggio di bilancio, ma allo stesso tempo obbliga a rivedere il contratto d’integrazione e riduzione fino al 50 percento del personale.
I sindacati, Slc Cgil, Fials Cisal, Libersind Comfsal, vedono l’adesione come un“grave progetto di destrutturazione e di declassamento del teatro che ha già portato all’annullamento della prima rappresentazione del dittico di Ravel del 30 gennaio e del Concerto sinfonico corale del 31 gennaio 2014″. Oggi, quindi, alle 12 presso il Centro Congressi Cavour, verranno annunciate “ulteriori azioni di lotta e sensibilizzazione” e discusse “possibili soluzioni, iniziative e proposte che permetterebbero invece di garantire la capacità produttiva e le condizioni lavorative professionali necessarie per mantenere un livello di eccellenza di produzione di Lirica e Balletto degno del Teatro della Capitale”.
Uil e Cisl, gli altri due sindacati del teatro, entrambi molto rappresentativi, sono però su posizioni opposte, convinti che lo sciopero non sia in questo momento ”la forma opportuna di lotta”.
Dura la risposta del sindaco Ignazio Marino che, pur rispettando il diritto di sciopero, è convinto che “far saltare la prima metterebbe in pericolo il risanamento economico del Teatro dell’Opera” proprio in virtù dell’adesione alla legge Bray, causata dall’enorme indebitamento del teatro, oltre i 10 milioni di euro solo nel 2013. Fonti del Campidoglio riferiscono che il primo cittadino potrebbe ricorrere alla liquidazione del Teatro, prevista dalla stessa legge, tramite bandi internazionali aperti alle attuali maestranze e a personalità della scena mondiale. Ancora oggi, però, Marino è ottimista e spera che la situazione trovi una risoluzione meno traumatica, “grazie agli strumenti già dati dal Mibac”.
Riccardo Muti, direttore onorario a vita del teatro, non vuole essere coinvolto nella vicenda, ma ai dipendenti ha detto che se la situazione non si placa se ne andrà da Roma. Anche l’ex sindaco Alemanno è intervenuto sulla vicenda: “Spero che si tratti di un brutto scherzo parlare di liquidazione del Teatro dell’Opera dopo tutti gli sforzi che sono stati fatti per riqualificare l’Opera di Roma dal punto di vista artistico con il maestro Muti, l’ipotesi di liquidazione e’ qualcosa che non si può nemmeno sentire a prescindere da quelli che possono essere i problemi con i sindacati”.
Renato Paone