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Virginia Lozito, dalla LUMSA al TG1. Perché le Scuole sono importanti

di Elisa Mariella20 Febbraio 2014
20 Febbraio 2014

Lozito

Si chiude con la testimonianza di Virginia Lozito il ciclo d’incontri che ha visto i neo praticanti della Scuola di Giornalismo della LUMSA confrontarsi con i loro predecessori, oggi impegnati nelle redazioni di giornali, tv e network nazionali; anche la Lozito, come i colleghi che l’hanno anticipata, ha condiviso con i ragazzi qualche trucco del mestiere raccontandosi a loro, ricordando l’esperienza fatta su quegli stessi “banchi di scuola”.

Virginia, lei è stata un ex alunna LUMSA. Cosa le ha dato in più l’esperienza in questa Scuola rispetto ad altri quando poi è approdata nel mondo del lavoro?

«La LUMSA la porterò sempre nel cuore. Sono arrivata a Roma che ero molto giovane, 18 anni, e l’università l’ho iniziata proprio qui mentre muovevo i miei primi passi nella grande città; questa Scuola mi ha insegnato tanto, non solo a livello nozionistico, della formazione classica ma durante il mio percorso ho avuto la possibilità di acquisire quegli strumenti pratici che mi sono stati utili nel mondo del lavoro: tecnica di scrittura e montaggio, tecnica delle inquadrature».

La tecnica che affianca la didattica insomma. Quanto conta l’aspetto pratico per diventare un buon giornalista?
«Fare il giornalista è prima di tutto una vocazione: chi sceglie questo percorso lo fa sicuramente per passione, perché è un mestiere difficile soprattutto all’inizio e proseguirlo non è semplice. È necessario quindi saper padroneggiare gli strumenti del mestiere; ciò che ho imparato qui alla LUMSA mi ha permesso, quando poi mi sono trovata all’interno della redazione del TG1, di essere in grado di fare un pezzo per il telegiornale».

Qual è stato il primo stage che ha fatto grazie alla Scuola di Giornalismo LUMSA?

«Ho da sempre diversificato gli stage fatti nel corso della mia formazione; il primo l’ho fatto a Leggo, la free press del Messaggero, dove mi sono divertita molto. Qui ho imparato la velocità, l’immediatezza e l’importanza di un linguaggio semplice e diretto, che mi sono stati utili poi per la televisione; sono stata anche in Agenzia di stampa all’Ansa di Bruxelles grazie ai contatti che la stessa Scuola aveva con quest’ultima, dando così a noi ragazzi la possibilità di fare stage all’estero. Sono rimasta a Bruxelles per un semestre fra stage ed erasmus: la mattina andavo all’università per seguire i corsi in francese e poi il pomeriggio raggiungevo la redazione dell’Ansa dove rimanevo fino a sera; ricordo che una volta ad Uno mattina Monica Maggioni lesse un’agenzia che avevo scritto io da Bruxelles. È stata una grande emozione per me».

E la passione per la televisione l’ha sempre avuta o è nata pian piano?
«No, quella l’ho sempre avuta, ma ho imparato che chi vuole incominciare a scrivere e vuole farlo bene, deve iniziare dalla carta stampata: il consiglio dei miei docenti che mi portò a Leggo fu quindi più che utile per la mia formazione. Le cinque “W” del giornalismo rimangono però sempre le stesse, che tu scriva per un quotidiano, per un sito web o per la televisione. Cambia solo la forma, a seconda del mezzo che si utilizza».

A proposito di web, lei ha scritto un pezzo sull’anniversario dei dieci anni di Facebook. Come crede sia cambiato il giornalismo in relazione ai social? In meglio, in peggio…
«Diciamo che il giornalismo non cambia in meglio o in peggio, ma si evolve avendo a che fare con la vita, con le persone e con le dinamiche sociali; la tecnologia cambia il nostro modo di rapportarci alla realtà e i social ormai sono diventati delle fonti per una notizia. Pensi ad un tweet di un personaggio politico: i social sono canali, se non li monitori prendi un buco, rischi di non essere “sulla notizia” ».

Un’ultima domanda un po’ marzulliana. Una frase, un insegnamento di qualche suo ex docente LUMSA che lei porta con sé o che le è stato d’aiuto nel suo lavoro fuori dalla Scuola.
«Il grande insegnamento che ho avuto dai professori che mi hanno seguita quando ero qui è stato sempre quello di rispettare i tempi; a tal proposito ricordo con piacere le parole di Claudio Vasale, direttore del Lumsanews ai tempi in cui io frequentavo la Scuola e mio mentore. Ci diceva sempre “voi potete scrivere l’articolo più bello di questo mondo ma se arrivate in ritardo sui tempi di scadenza, noi non ve lo pubblichiamo”. È vero che il giornalista non ha orari ma ha delle scadenze: se uno arriva tardi non solo sulla notizia ma anche nella consegna, non andrà in onda o non verrà pubblicato; bisogna essere puntuali, anzi…imparare ad arrivare dieci minuti prima! ».

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