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SANREMO/2 Il flop raccontato dai giornali

di Elisa Mariella19 Febbraio 2014
19 Febbraio 2014

raffaella-carra-allariston-4Sono ufficialmente aperte le porte del Teatro Ariston di Sanremo, che ieri ha inaugurato in prima serata sulla Rai il consueto appuntamento con la musica nostrana. Il bis Fazio-Littizzetto non ha bucato lo schermo: mentre Luca Argentero con il film “Oggi Sposi” ha raggiunto l’8.37% di share sui canali Mediaset, il 45.93% se l’è aggiudicato il Festival che però ha perso rispetto allo scorso anno circa due milioni di spettatori. Bene ma non troppo, con la stella di punta di “Che Tempo che fa” a tenere banco per tutta la prima parte della serata, rivestita di piume rosa shocking e pizzo nero.

Ma della liturgia laica sanremese ne parlano non solo sul web ma anche sui giornali. Aldo Grasso sul Corriere della Sera denuncia il linguaggio “ballerino” e poco politically correct della Littizzetto e ironizza sul teatrino di Grillo (“verrà o non verrà?”). Canzoni non indimenticabili continua il Corriere, e allora meglio ricordare Ligabue che omaggia De Andrè. Dura anche La Repubblica che definisce Sanremo il festival della politica, zero musica e troppi lustrini, raccontato sui social network dove rimbalzano commenti sprezzanti e critiche roventi.
Il Giornale e Il messaggero pubblicano invece le pagelle, salvando il Raphael Gualazzi elettronico della prima tornata di big (un bell’8 da secchione) e criticando il camiciaio di Fazio (“ma chi gliele cuce?”), finendo poi con il dubbio italiano della Castà. Bene Pif e Ligabue, che si salvano in calcio d’angolo, vestiti del loro charme. L’Avvenire e il Manifesto puntano invece sulle polemiche riguardo al brano intitolato “Gay Messiah” del canadese Wainwright, con la prima testata che difende i cattolici accusati dal cantante di essere “poco elastici ed aperti”. La Stampa punta sul look delle grandi star della serata, il tubino bianco poco chic della Castà e premiando l’outfit da mascalzone e “poveraccio” del Luciano nazionale e finendo con una chicca del direttore artistico del Festival, “le canzoni sono come le donne: da giovani sembra importante distinguere le brave ragazze da quelle di facili costumi, da anziane sono tutte signore”.
Ed infine Il Fatto Quotidiano da cui traspare l’amara realtà: oggi più di ieri spettacolo e politica sono nello stesso pentolone, e lo conferma Floris che rinuncia a Ballarò per lasciare il posto ai fiori di Sanremo: ubi maior…

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