ROMA – Mancano poche ore dall’incontro a Palazzo Chigi tra Associazione nazionale magistrati e la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni sulla riforma della giustizia. Ma i nodi da sciogliere rimangono tanti, dalla separazione delle carriere alla possibilità di togliere la polizia giudiziaria ai pubblici ministeri per le inchieste.
Alla vigilia del vertice
I timori delle toghe aumentano proprio su quest’ultimo punto e a confermare ciò sono le dichiarazioni rilasciate ieri dal presidente dell’Anm, Cesare Parodi. “Su questo sono agitato. I miei colleghi sono stupiti e sconcertati: questa indicazione sarebbe in palese contrasto con una norma della Costituzione che non è oggetto della riforma, l’articolo 109”. Stupore e sconcerto, quindi, dopo che il governo sembrava muovere passi verso i magistrati sui temi delle quote rosa e del sorteggio temperato per i componenti del Consiglio superiore della magistratura. In realtà le parole del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che definisce in modo polemico i pm dell’accusa “superpoliziotti” non aiutano, ma l’auspicio dei protagonisti del vertice è una normalizzazione dei rapporti, a detta anche delle toghe stesse che ribadiscono la “speranza di una comprensione reciproca”.
Attriti che partono da lontano
Si tratta solo dell’ultimo faccia a faccia che si inserisce in una questione che va avanti da mesi dopo i ripetuti attacchi del governo nei confronti dei giudici, spesso accusati di essere nemici dell’esecutivo. Dalla mancata convalida di trasferimento dei migranti in Albania al caso Almasri e alla condanna in primo grado per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro nel caso Cospito. Le premesse in vista dell’incontro non sono delle migliori ma la volontà di attuare un dialogo costruttivo tra le parti potrebbe portare ad aperture su svariati temi e superare divergenze ormai note da tempo.