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Trump e l’Età dell’oro, cosa c’è dietro il nuovo mito americano

05 Marzo 2025
Età dell'oro

Un sottobicchiere dorato con inciso sopra il cognome del presidente Usa | Foto Ansa

Al centro di Trump-Gaza, una versione avveniristica e grottesca della Striscia palestinese realizzata grazie all’uso dell’Intelligenza artificiale, si staglia un colosso d’oro massiccio. Ritrae le fattezze del presidente statunitense Donald Trump, raffigurato nelle vesti del salvatore che ha fatto risorgere quella terra martoriata. Sembra un’assurdità tragicomica eppure è imperniata su un immaginario mitico, strategia retorica della nuova presidenza Usa, fin dal discorso d’insediamento: il concetto di Età dell’oro. 

I modelli classici e l’inversione dell’ordine temporale

Se si guarda ai modelli classici a cui l’espressione fa riferimento, ossia “Le opere e i giorni” di Esiodo e la IV Ecloga di Virgilio, il concetto in questione “funziona ancora oggi perché il termine “oro” richiama alla mente una congiuntura felice e positiva”, sostiene Maurizio Bettini, presidente del Centro di Antropologia del Mondo antico. Tuttavia, diversamente dagli autori classici, per cui l’età dell’oro sarebbe stata seguita da una costante decadenza, Trump inverte l’ordine temporale e ”stimola nel suo elettorato l’idea che, dopo una fase di declino dovuta al malgoverno dei predecessori, gli Usa possano vivere una golden age, i cui contenuti hanno a che fare con il mito del sogno americano”, afferma Cristiano Viglietti, professore associato in Storia romana all’Università di Siena. 

Età dell'oro
Il cartello di un manifestante reca la scritta “In Trump They Trust” | Foto Ansa

Il mito dell’autarchia energetica e la metafora dell’oro liquido

L’intersezione retorica tra strutture mitiche e scelte di governo, è una costante all’interno del discorso d’insediamento di Donald Trump. Guardando alle politiche economiche, il presidente afferma di voler dichiarare un’emergenza energetica nazionale, puntando sul principio del “drill, baby, drill” e su massici rifornimenti alle riserve strategiche, per far sì che “l’oro liquido torni a scorrere sotto i piedi degli americani”. La cosmoeconomia (termine mutuato dall’antropologia per riferirsi a modelli fondativi di carattere economico, culturalmente e storicamente costruiti) a cui il presidente si richiama è quella dell’indipendenza energetica.

“Trump mi pare più romano che greco quando evidenzia la volontà di rendere gli Usa più autarchici, come la Roma delle origini”, spiega Viglietti. “Per gli Stati Uniti, l’autarchia non passa per l’indipendenza alimentare, ma per quella energetica, basata sullo sfruttamento dei giacimenti di petrolio e gas e delle riserve minerarie”. L’insistenza di Trump sull’energia convenzionale e sul concetto di “oro” risponde cioè all’idea di “un’America precedente al 1973, ovvero un’America pre oil shock, che poteva permettersi di consumare energia in maniera sconsiderata”, chiarisce Gianluca Pastori, professore associato in Storia delle relazioni politiche tra il Nord America e l’Europa all’Università Cattolica di Milano. 

In questo senso, le mire del presidente rivolte verso le terre rare ucraine e il suolo della Groenlandia, ricco di risorse minerarie, non risultano affatto casuali. Alla base delle mosse di Trump, risiede la volontà di centralizzare la produzione industriale (reshoring, in gergo tecnico), che “passa inevitabilmente dall’acquisizione di risorse”, attraverso “una politica estera gestita come una vera e propria transazione commerciale”, spiega Pastori. 

Età dell'oro
Un carro di carnevale soprannominato “Drill, baby, drill” al carnevale di Mainz, in Germania | Foto Ansa

“Pacificatore e unificatore”. Trump come Augusto e “la città sulla collina”

Nel più ampio disegno di un’Età dell’oro, anche le iniziative di politica estera sembrano muovere da premesse retoriche incentrate su un immaginario di stampo mitico. Con riferimento all’invasione russa in Ucraina e al conflitto mediorientale, Trump sostiene nel suo discorso di voler essere “un pacificatore e unificatore”. Da qui, nel giro di qualche settimana, l’avvio dei colloqui con Vladimir Putin per risolvere il conflitto con Kiev e il discusso proposito di trasformare Gaza nella “riviera del Medio Oriente”. Secondo Cristiano Viglietti, “anche in questo caso, Trump sembra in parte ispirarsi a modelli romani. Pacificare per espandersi ricorda molto la politica di Augusto. E un po’ come in età augustea, i processi espansionistici potrebbero far scaricare tensioni socioeconomiche interne verso l’esterno”. 

L’altra faccia della medaglia, invece, è costituita da un mito tutto americano come quello della “città sulla collina”, narrazione sulla supremazia americana ispirata direttamente da Dio, mito che affonda le proprie radici nel discorso pronunciato da John Winthrop nel 1630 ai coloni del Massachusetts. “Una costante nella retorica statunitense”, spiega Gianluca Pastori. Ma bisogna prestare attenzione, perché, a seconda dell’occasione, “il concetto di “città sulla collina” può giustificare sia l’isolazionismo statunitense, quello della “proud tower” che non deve sporcarsi le mani, che l’approccio interventista, incentrato su una forma di messianismo”. Messianismo che, precisa Maurizio Bettini, continua a fare larghi proseliti tra i cittadini statunitensi, tanto da legittimare Trump nel definirsi “un uomo salvato da Dio per rendere l’America di nuovo grande”, in merito all’attentato subito il 13 luglio 2024 in Pennsylvania durante un comizio elettorale.

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Una scultura che ritrae l’imperatore Ottaviano Augusto | Foto Ulleo

La sconfitta della razionalità e la forza dell’elemento identitario

In definitiva, nella cornice politica statunitense, e occidentale,  “la razionalità analitica ha deluso e di fronte a questa delusione l’elemento identitario torna a essere centrale”, sostiene Pastori. La scelta dell’elettore statunitense premia Donald Trump perché il presidente riesce “a toccare corde identitarie”. Secondo Maurizio Ferraris, professore ordinario di filosofia teoretica presso l’Università di Torino, “il mito non si è mai allontanato dalla politica, anzi ne è inseparabile”. E a proposito della retorica trumpiana, sulla cui analisi Ferraris nutre dubbi perché “analizzarne i contenuti non sarebbe più produttivo che dedicarsi all’ermeneutica del Mein Kampf”, il professore conferma che la visione del presidente Usa si presenta estremamente rassicurante, in quanto “dice ai cittadini che non devono avere paura del futuro, giacché non si tratterà di andare avanti ma di tornare indietro, in una sorta di età incantata dell’infanzia o dei film western”.

Età dell'oro
Un bus appartenente a un’associazione cristiano-conservatrice con sopra l’immagine del presidente Usa Donald Trump | Foto Ansa

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