Era da mesi che non se ne parlava così tanto, sembrava ce ne fossimo dimenticati. Eppure, l’amianto è tornato protagonista, a 33 anni dalla legge che lo ha messo al bando. E tutto dopo il caso Rai. La procura capitolina ha aperto un fascicolo, senza indagati né ipotesi di reato, dopo che nella storica sede di viale Mazzini sono stati rilevati livelli di amianto pericolosi. Un edificio simbolo, che per anni ha visto passare giornalisti, tecnici, impiegati, custode di un nemico silenzioso e letale. Qui la sostanza cancerogena è da tempo un argomento controverso. I pm romani, nel maggio dell’anno scorso, hanno aperto un dossier per lesioni personali colpose in relazione alla morte di Mariusz Marian Sodkiewicz, ex dipendente Rai morto a 62 anni a causa proprio di un mesotelioma pleurico, malattia causata proprio dall’esposizione all’amianto.
Già in quei mesi il tema era tornato di attualità a causa della scomparsa di Franco Di Mare. Il giornalista aveva denunciato l’azienda, invocando la causa di servizio per essere stato esposto per anni all’amianto come inviato all’estero. “Sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito capaci di buttare giù un edificio e esplosioni che liberavano nell’aria infinite particelle di amianto” aveva raccontato Di Mare al Corriere della Sera. Il suo dossier, insieme a quello Sodkiewicz, ha così riacceso i riflettori sui rischi legati al materiale killer, aprendo un vaso di Pandora nella Capitale.
L’allarme nella Capitale
A Roma l’amianto è almeno in 928 siti, pari al 58% di quelli contaminati in tutto il Lazio. Molto spesso si tratta di edifici pubblici. Certo, per essere realmente nocivo deve essere intaccato e le sue fibre presenti nell’aria sotto forma di polvere. Ma fa riflettere la lentezza con la quale va avanti il suo smaltimento in strutture come ospedali e scuole. Dei siti segnalati in città, ben 349 riguardano infatti istituti scolastici e universitari. Tra questi nove asili nido, 28 scuole d’infanzia, 21 scuole elementari e 14 scuole medie, 176 istituti superiori e 13 edifici appartenenti alle università.
“È una dimensione allarmante”, dice l’avvocato Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto a Lumsanews. “Alcuni siti fanno parte ormai dell’archeologia industriale e sono dismessi con il loro carico di morte. In particolare a Roma Est e anche Roma Magliana e a sud dell’Eur, dove l’amianto è stato utilizzato non solo nelle coperture, ma anche nelle strutture”. Ma attenzione. Come spiega Fabrizio Protti, presidente dello Sportello Amianto Nazionale, “non esiste in questo momento per la città di Roma né un censimento puntuale, né una mappatura puntuale. Qualsiasi cosa, qualsiasi numero si possa dire, ognuno di noi può avere ragione, ognuno di noi può avere torto”. Nei documenti, infatti, manca ancora quello presente negli edifici privati, nei locali dismessi, quello abbandonato illegalmente.
La sfida dello smaltimento
Una situazione che ha portato la Regione Lazio a stanziare, in più tranche, diversi milioni di euro per le bonifiche. Nel 2020 ne sono stati spesi 19 per sanificare 170 scuole e 46 ospedali, di cui 149 e 38 unicamente nell’area metropolitana della città di Roma. Non solo. Un paio di anni più tardi, il Campidoglio ha annunciato un piano per la rimozione dell’amianto nelle scuole all’interno dell’area metropolitana, 10 milioni di euro per bonificare 111 istituti. A distanza di tre anni, è però ancora difficile stimare quando questi lavori saranno completati, dal momento che viene continuamente scoperto nuovo amianto in altre parti dei plessi.
L’unica nota positiva, se così può essere vista, è che si tratta di amianto statico, senza dunque il rischio di aerodispersione. “La contaminazione da amianto per via inalatoria”, chiarisce il professor Corrado Magnani, epidemiologo ed esperto degli effetti dell’amianto sugli esseri umani, “è stata studiata molto. Per esposizioni elevate e continuative abbiamo prima di tutto la fibrosi polmonare, l’asbestosi, prima patologia a essere riconosciuta. Poi i tumori, come quello del polmone, della pleura e del peritoneo. In ultimo i mesoteliomi, tumori riconducibili al 95% all’esposizione ad amianto”.
Un problema diffuso
Nella Penisola però l’amianto continua a esserci, a inquinare. A mietere nel silenzio sempre più vittime. È stato utilizzato ovunque. Veniva adoperato per i freni, le frizioni, le guarnizioni. In certi casi anche come collante, nei tessuti per imballaggio e ancora nei filtri per purificare le bevande. Sono passati 33 anni dalla Legge 257/1992 che lo ha bandito, tra i primi paesi ad agire, e mancano solo pochi mesi al termine ultimo del 1° luglio 2025. Entro quella data i paesi dell’Unione Europea hanno il dovere di smaltire le coperture, e più in generale qualsiasi prodotto, a base di asbesto, l’altro nome con cui è conosciuto il materiale.
La mappatura dell’amianto per il 2024
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Dati aggiornati al 31 dicembre 2023. Fonte Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica
Come riporta il rapporto Istisan dell’Istituto superiore di sanità, tra il 2010 e il 2020 ogni anno in Italia sono decedute per mesotelioma in media 1545 persone, 1116 uomini e 429 donne. Il risultato di una contaminazione avvenuta in contesti domestici, ambientali ma soprattutto lavorativi, come nel caso di Roberto Persich, l’ex autista della nettezza urbana del Comune di Trieste venuto a mancare a 46 anni il 1° agosto 2008. “Non sapeva di dover morire”, racconta Bonanni, che per conto di Persich aveva intentato causa all’amministrazione triestina.
Sono passati 33 anni dalla sua messa al bando, eppure, a 21 anni dall’entrata in vigore della legge, in Italia sono ancora presenti circa 40 milioni di tonnellate da smaltire. La bonifica procede con circa 331mila tonnellate l’anno. Calcolatrice alla mano, a questo ritmo serviranno ancora quasi 120 anni per eliminare tutto l’amianto censito. Molto più di un secolo.