ROMA – Non c’è crisi ma poco ci manca. Questo il monito dell’Istat che spiega come la produzione industriale in Italia sia diminuita del 3,5% rispetto al 2023. L’Istituto nazionale di statistica stima che a dicembre 2024 l’indice destagionalizzato – il numero depurato della componente stagionale e degli effetti legati alla diversa durata e composizione dei mesi – della produzione industriale sia diminuito del 3,1% rispetto a novembre.
Il 2024 chiude in negativo per l’industria
Non è una novità che la produzione industriale – l’insieme delle attività relative alla trasformazione di materie prime, energie e informazioni in beni di consumo – continui a calare. Al netto degli effetti di calendario, a dicembre 2024 l’indice complessivo è diminuito in termini tendenziali del 7,1%. Da sottolineare che i giorni lavorativi di calendario sono stati 20, contro i 18 di dicembre 2023. Un anno da dimenticare per l’industria nazionale con dicembre che evidenzia una caduta corale del 7,1% su base annua. Solo ai tempi del Covid era andata peggio. Per la produzione industriale salgono così a 23 i mesi di caduta consecutiva nel dato tendenziale, quasi due anni in apnea che culminano con le rilevazioni negative di dicembre, a sugellare un 2024 da dimenticare. Certamente il dato Istat risente anche delle scelte effettuate da numerose aziende che, in mancanza di lavoro, hanno preferito prolungare la pausa natalizia, anticipando lo stop e posticipando il rientro a lavoro. Scelte che hanno influito sui numeri.
Auto e moda i settori più in difficoltà
Guardando all’intero 2024, tra tutti i settori solo quello alimentare evidenzia un percorso di crescita. Per le vetture un output – l’insieme di risultati prodotti dalle imprese visti in ottica di sistema produttivo – quasi dimezzato, esito scontato dal massicco ricorso alla cassa integrazione da parte del gruppo Stellantis. Nel mondo dell’abbigliamento la frenata supera il 18%, così come a doppia cifra è il calo della metallurgia (-14,6%), mentre macchinari e legno-carta arretrano di oltre il 9%. C’è un problema di offerta ma anche di domanda. Bisogna tornare al periodo Covid per vedere dati peggiori di quelli odierni sulla adeguatezza della domanda. Questa è infatti ritenuta insufficiente da oltre un quarto delle aziende, livelli doppi rispetto alle medie storiche di tale indicatore. Poche domande e pochi investimenti, come si vede nei numeri dei produttori di macchinari, con il mercato interno nel vortice di un calo di oltre cinque miliardi di euro nel 2024.
Non solo Italia, il resto d’Europa rallenta
La domanda interna non brilla ma all’estero non va meglio. L’export nei primi 11 mesi dell’anno è in lieve riduzione. La crescita dell’Italia è in parte sottratta dal rallentamento della Germania, con effetti ad ampio raggio sugli acquisti delle merci tricolore. In cifre si stima che l’effetto sia di 3,6 miliardi di contrazione dell’export, effetto di un’ampia riduzione delle importazioni tedesche dal mondo, in calo del 2,8% nel 2024. Il quadro in Europa resta debole, anche se qualche segnale di stabilizzazione è visibile nell’indice dei direttori d’acquisto – Pmi – che è uno degli indicatori economici principali dei settori manufatturiero, edile e dei servizi, per cui una cifra sopra 50 indica che l’industria si sta espandendo; quando è inferiore, indica che l’industria si sta contraendo. Pur restando al di sotto della soglia critica, a gennaio risale ai massimi da otto mesi.