ROMA – Magma che ribolle, fumi che escono dalle viscere della terra. Due correlativi oggettivi che si fanno testimoni naturali del movimento sotterraneo ancora oggi alla base del delitto dell’ex presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, assassinato a Palermo il 6 gennaio del 1980 sotto gli occhi della moglie Irma Chiazzese. Un delitto perfetto, come definito dal “Maestro venerabile” della loggia massonica P2 Licio Gelli, al punto da essere ancora irrisolto dopo 45 anni. Un omicidio che si inserisce nella sanguinaria cornice degli anni di piombo e che viene indagato dal docufilm di Giorgia Furlan Magma. Mattarella, il delitto perfetto.
Perché, a distanza di così tanto tempo, è fondamentale interrogarsi ancora su questo crimine? Il delitto Mattarella, secondo le autorevoli testimonianze inserite nell’opera da Giorgia Furlan, non fu un semplice delitto di mafia, ma un omicidio centrale nella storia della repubblica italiana. Un filo rosso fondamentale che unisce idealmente l’assassinio Moro alla strage della stazione di Bologna, avvenuta appena sette mesi dopo la morte di Piersanti Mattarella. Il comune denominatore alla base di questa matassa da sbrogliare è rappresentato dall’unione tra mafia e apparati deviati dello Stato. Una zona d’ombra in cui Cosa nostra e le falangi terroristiche si trovano a collaborare, stando alle riflessioni del giornalista d’inchiesta Lirio Abbate, presente negli studi del programma televisivo “La torre di Babele”, durante il quale il docufilm è andato in onda.
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Da Palermo a Roma: il compromesso storico
Facendo leva su un’ottima integrazione tra immagini e video di repertorio e le evocative riprese realizzate da Giorgia Furlan, valorizzate da un’incalzante colonna sonora dai toni crime, Magma presenta una narrazione coesa e ordinata. Il punto di partenza narrativo è rappresentato da un’approfondita analisi del legame tra il delitto Moro e quello Mattarella. Secondo Attilio Bolzoni, giornalista che all’epoca dei fatti lavorava per il quotidiano palermitano L’Ora, Piersanti Mattarella era l’erede ideale designato da Moro, l’uomo che avrebbe voluto realizzare il compromesso storico in quella Sicilia che negli anni ‘70-’80 veniva considerata come il laboratorio politico d’Italia. Se il compromesso si fosse realizzato in Sicilia, avrebbe potuto prendere quota anche a Roma, ipotesi non accettabile per Washington, come testimoniato nel docufilm da Luciano Violante, ex presidente della Commissione Antimafia.
Man mano che gli eventi si dipanano, con delle inquadrature di grande fattura che valorizzano i tratti umani dei personaggi intervistati e l’imponenza dei paesaggi naturali messi in rilievo, Furlan riesce a far lievitare sapientemente la tensione. Fino al primo punto di svolta della storia, costituito dall’incontro tra il presidente Mattarella e Virginio Rognoni, allora ministro dell’Interno. Un meeting che fece capire al politico della DC di aver firmato al propria condanna a morte, stando alle parole di Maria Grazia Trizzino, sua fidata collaboratrice.
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La svolta sulle indagini con Giovanni Falcone
Attraverso la testimonianza del sociologo Pino Arlacchi, il docufilm descrive con grande efficacia la svolta nelle indagini sull’omicidio Mattarella che avviene nel 1985, quando il fascicolo arriva sulla scrivania del magistrato Giovanni Falcone (di cui viene ricostruita la voce tramite l’uso dell’IA). Falcone comprende fin da subito che l’assassinio del presidente non può essere spiegato solo dalla pista mafiosa ed è così che il magistrato imbocca la strada che porta all’eversione nera e che condurrà in seguito al nome di Giusva Fioravanti, definitivamente assolto in ogni grado di giudizio.
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Il filo rosso tra gli eventi e gli interrogativi ancora aperti
Alternando i silenzi eloquenti degli intervistati alla ferocia degli eventi narrati, Giorgia Furlan delinea un quadro che unisce gli omicidi Moro, Chinnici, Falcone e Borsellino al delitto Mattarella e alla strage di Bologna, due eventi indissolubilmente legati nei tempi e nei fini. Il monito ineludibile era quello di evitare l’arrivo dei partiti comunisti al governo del paese, con licenza di uccidere chiunque si opponesse a tale disegno o potesse risultare utile a costruire la strategia della tensione. Gladio e P2 sono solo due degli organismi coinvolti in tale dinamiche secondo le indagini di Falcone, che comprese come del caso Mattarella fosse stata data un’immagine sfocata.
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Oltre a un uso puntuale delle fonti e a un sapiente ricorso all’apparato metaforico, il più grande merito di Magma è quello di porre numerosi interrogativi, senza pretendere di fornire risposte affrettate a domande complesse e ancora oggi irrisolte. A differenza delle luci che si spengono sugli archivi ripresi da Furlan, tuttavia, il delitto Mattarella è ancora oggi un caso che fa ribollire il magma nelle viscere di una terra in cui “il coraggio intellettuale della verità e della pratica politica sono due cose inconciliabili”.