PALERMO – Boss, “colonnelli”, uomini d’onore: sono 181 i fermati e gli arrestati nella maxi operazione antimafia a Palermo, di procura e carabinieri. L’associazione malavitosa Cosa nostra puntava a ricreare una cupola provinciale.
Armi comprate sul dark web, un narcotraffico importante, il pizzo per spremere i commercianti e contatti con l’esterno da dentro le prigioni, luoghi in cui poter svolgere attività illecite. L’ultima indagine della Direzione distrettuale antimafia fa luce sulla debolezza del sistema carcerario di alta sicurezza. Ai capimafia non sono mancati cellulari e microsim, introdotti nelle celle per continuare a condurre gli affari, tramite un sorta di telefoni-citofoni. Un sistema escogitato ad hoc per rendere difficile il tracciamento dei dati, nel momento in cui i corrispondenti liberi possono solo ricevere chiamate.
“È un tema delicato che deve aprire una riflessione profonda”. Appare preoccupato il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo. Durante la conferenza stampa sui particolari dell’operazione, denuncia le condizioni del sistema di massima sicurezza, “assoggettato al dominio della criminalità”. “Le indagini sul traffico di cocaina rivelano connessioni profonde con realtà che gestiscono rotte internazionali”. Infatti la mafia siciliana avrebbe stretto dei contatti con la ‘ndrangheta calabrese.
Allertati da microspie o movimenti sospetti, alcuni boss erano pronti a lasciare la Sicilia: “L’Italia per noi è diventata scomoda, io me ne devo andare perché non intendo assolutamente perdere quello che ho creato fino ad oggi. Cominciate a fare i passaporti”, le parole di un capomafia inseguito precedentemente dalla guardia di finanza.
Le intercettazioni svelano anche alcune dissapori all’interno dell’organizzazione criminale. Mantenere tramite la consueta colletta i familiari dei detenuti crea alcuni attriti: “Ma a questo gli pare che ci sia la banca?” sbotta Francesco Mulè, reggente della familia del centro del capoluogo. “Il livello è basso oggi, arrestano a uno e si fa pentito”. Sarebbe basso il livello delle nuove reclute, sostiene il boss di Brancaccio Giancarlo Romano.
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si congratula con le forze dell’ordine che garantiscono la sicurezza dei cittadini. “La criminalità organizzata è alle strette, la lotta alla mafia non si ferma e non si fermerà”.