C’è il versante della concessione dei permessi ma fondamentale è anche quello dell’accoglienza e degli ingressi. Il prefetto Rosanna Rabuano è a capo proprio del dipartimento “Libertà Civili e Immigrazione” del ministero dell’Interno. Con Lumsanews parla della gestione del fenomeno dell’immigrazione e delle richieste di protezione internazionale.
In che modo il ministero si occupa di immigrazione?
“Il dipartimento di Libertà Civili e Immigrazione si dedica all’accoglienza dei rifugiati e alla gestione degli ingressi. Il dipartimento di Pubblica sicurezza gestisce invece gli arrivi e la concessione dei permessi di soggiorno attraverso le questure”.
Quali sono le maggiori criticità che incontrate?
“Quelle che arrivano generalmente dai numeri alti di movimentazione. È vero che tra il 2023 e il 2024 c’è stato un calo complessivo degli arrivi, però questo abbassamento non ha ridotto il numero di persone già presenti nel territorio italiano. Molti sono rimasti nei centri di accoglienza, con le richieste di protezione internazionale in sospeso. Il problema è che i centri sono saturi da prima, e quindi le persone che arrivano, anche se poche, entrano in un sistema già sotto stress. E quello che è facile è che le persone scivolino facilmente nell’invisibilità”.
Questi numeri sembrano particolarmente alti a Roma. Come mai?
“Roma è un grande polo attrattivo per le presenze di varie categorie di stranieri. I migranti regolari vengono per chiedere il permesso di soggiorno, per il lavoro autonomo, per i motivi di ricongiungimento familiare, ma anche per motivi religiosi e di studio. Accanto alle forme di ingresso regolare, ci sono le richieste di asilo già nei primi hotspot e nei Centri di accoglienza Sono persone che arrivano via mare, soprattutto nel territorio siciliano e calabrese, ma anche via terra, dalla rotta balcanica. A Roma arrivano sia per distribuzione sul territorio nazionale sia in modo autonomo”.
E per quanto riguarda le richieste di protezione internazionale?
“Le richieste di protezione sono date quando c’è un timore di persecuzione, di rischio per la vita e per l’incolumità personale della propria famiglia nell’ambito del paese di origine. Ma spesso arrivano richieste dai migranti economici, che per difficoltà non riescono ad ottenere altri tipi di permesso. Ma quando il motivo è economico, la protezione internazionale non può essere data, e tante richieste vengono respinte. Questo lascia molte persone in una condizione di sospensione. Lo Stato italiano offre un aiuto con il rimpatrio volontario assistito: si propone al migrante che non ha più un titolo per rimanere in Italia di ritornare al suo paese, ma con una prospettiva di aiuto per ricostituire un lavoro, per ricominciare un’attività, quindi per avere un sostegno anche futuro”.
Come mai il sistema dei rimpatri incontra ostacoli?
“I ritorni nel paese di origine non sono spesso graditi, anche se si cerca di spiegare al migrante che magari gli si sta dando un aiuto per tornare a casa. Però questa è un’opzione che non viene percepita in modo chiaro dalle persone. E poi non sempre i paesi di origine riprendono facilmente le persone, e quindi diventa difficile. Chiaramente si tratta di esseri umani, e come tali non possono essere gestiti come numeri. In un meccanismo come questo rientrano situazioni personali, di vita, familiari”.