JENIN – A un giorno dall’avvio dell’operazione militare Muro di ferro, le prime azioni israeliane colpiscono il cuore della Cisgiordania. “Combattere il terrorismo a Jenin” e “rafforzare la sicurezza in Giudea e Samaria” sono gli obiettivi principali. L’offensiva avrebbe già colpito oltre dieci terroristi, dichiarano le Forze di difesa dello Stato ebraico. Nel raid su Jenin, l’Idf avrebbe condotto attacchi aerei e sgomberato numerosi esplosivi. L’assalto dei villaggi palestinesi spinge Hamas a chiamare la mobilitazione.
Il primo ministro Benjamin Netanyahu si scaglia contro l’asse iraniano e approva l’indicazione del gabinetto politico-sicurezza pensando già al futuro: “Non finisce qui”. Tuttavia, le ultime decisioni della Knesset, in particolare l’approvazione del cessate il fuoco a Gaza, riaprono fratture profonde “con cui gli israeliani devono confrontarsi”. Come scritto dal quotidiano progressista Haaretz, la liberazione dei prigionieri palestinesi, tra cui ci dovrebbero esserci terroristi condannati, è “un punto di accesso alle questioni più profonde su guerra, violenza e occupazione”.
Il giornale principale della Palestina, Al-Quds, “piange per Jenin“, mettendo nero su bianco i timori dei palestinesi: “L’immagine ideale che vuole Netanyahu per noi è che restiamo in abiti da guerra, ed è più felice se sente cori iraniani e vede bandiere dell’Isis, per giustificare il rinnovo della licenza di sterminio in Cisgiordania, come ha fatto a Gaza”. Un appello che mirerebbe a “impedire alla rivolta popolare di dover sostenere costi che non può sostenere” e a leggere razionalmente “le trasformazioni, i pregiudizi e gli allineamenti universali”. Ma non senza dolore: “Per chi piangiamo dopo Gaza e Jenin?”.