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HomeCronaca Carceri, anche gli agenti vittime del sovraffollamento. Uilpa:”Da governo solito mantra”

Carceri, agenti penitenziari
vittime del sovraffollamento
“Dal governo il solito mantra”

De Fazio(Uilpa): “Lavoro disumanizzante"

Mancano 18 mila unità, turni massacranti

di Enza Savarese20 Gennaio 2025
20 Gennaio 2025
suicidio carcere

Segretario Uilpa Gennarino De Fazio

Gennarino De Fazio è il segretario generale del sindacato Uilpa Polizia Penitenziaria. A LumsaNews dà la sua chiave di lettura sia sul fenomeno dei suicidi in carcere italiane sia sulla precarietà degli agenti penitenziari. 

Aumentare le strutture di detenzione come ha promesso di fare il governo Meloni è una soluzione funzionale? 

“Il governo Meloni ripete lo stesso mantra da almeno un anno, però i posti disponibili vanno via via diminuendo invece di aumentare. Se anche l’esecutivo riuscisse a creare i 7000 posti detentivi che ha promesso, comunque non basterebbero al fabbisogno. E non solo di quello attuale, ma anche di quello ulteriore che si verificherà nelle more della realizzazione di questi posti. Ciò di cui non si tiene conto sono gli organici degli operatori. Perché 7000 posti in più richiedono assunzioni straordinarie in più. La Polizia penitenziaria già oggi è mancante di 18mila unità. Francamente le promesse del governo sembrano una tattica per buttare un po’ la palla in tribuna”. 

Con le risorse disponibili allo stato attuale, in che misura si possono prevenire i suicidi in carcere? 

“Attualmente non è possibile prevenirli o quasi. Ciò è dimostrato dal fatto che nel 2024 si è superato ogni record con 89 suicidi tra i detenuti e 7 tra gli operatori della Polizia Penitenziaria. Nei primi 11 giorni del 2025 sono stati 7 i suicidi per cui evidentemente non si riesce a scongiurare efficacemente questo fenomeno. È significativa la circostanza che l’ultimo suicidio avvenuto a Cagliari di un detenuto ha riguardato un soggetto classificato a rischio suicidario. Si sapeva che fosse un soggetto che aveva già manifestato la volontà di togliersi la vita. Per cercare di prevenire non si è potuto fare altro che allocarlo in una cella con altri detenuti. Siamo all’auto sorveglianza”. 

A suicidarsi però sono spesso anche le guardie carcerarie o gli agenti della Polizia penitenziaria. Come mai secondo lei?  

“È un lavoro disumanizzante per una serie di ragioni. Intanto le turnazioni massacranti. Noi abbiamo 18mila unità mancanti per cui si effettuano sistematicamente turni di 12, 14, a volte anche 24 ore ininterrotte. Non si fruisce regolarmente dei riposi settimanali, neanche di quelle annuali e spesso ci si vede compressi una serie di altri diritti anche di rango costituzionale. A questo si aggiunge che il lavoro viene svilito da quello che succede nelle carceri, che sono episodi disfunzionali e che alimentano questa disumanizzazione e burn-out negli operatori. C’è un’insoddisfazione complessiva di una categoria che fa di tutto, tutto il giorno, sacrificando la famiglia, per raggiungere un obiettivo che sistematicamente non può raggiungere. Non perché non voglia, ma perché lo stesso stato che sta servendo non lo mette nelle condizioni di poterlo fare”. 

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