TEL AVIV – Miki Zohar, ministro dello Sport e della Cultura israeliano, chiede la squalifica dalla Federazione internazionale di calcio (Fifa) di Jibril Rajoub, presidente della Federazione calcistica palestinese (Pfa).
I motivi della richiesta: “Sostegno al terrorismo”
“Non c’è posto nella Fifa per chi promuove il terrorismo” scrive il ministro nella lettera ufficiale mandata al presidente della Fifa Gianni Infantino.
L’accusa a Rajoub, dirigente sportivo della Pfa e presidente del Comitato olimpico palestinese, è quella di aver elogiato Hamas per il massacro del 7 ottobre e di incoraggiare pubblicamente atti di terrore e violenza: “La sua presenza in ruoli sportivi di alto livello invia un segnale pericoloso. Le piattaforme sportive possono essere sfruttate per scopi politici e per promuovere odio e violenza”.
La difesa della Federazione
Il conflitto tra Israele e Palestina si espande dunque anche nel campo dello sport. Già lo scorso maggio la Federcalcio palestinese aveva chiesto alla Fifa di sospendere la Federazione calcistica d’Israele (Ifa), senza però ricevere riscontri.
Esprimendosi sulla lettera mandata da Zohar, la Pfa accusa il ministro isreliano di essere “un sostenitore degli insediamenti illegali di Israele, dell’apartheid e del genocidio contro la Palestina”, ricordando che da ottobre 2023 tra le vittime dell’occupazione israeliana si contano “almeno 368 calciatori”. La Federcalcio punta così il dito contro Israele, denunciando quella che definisce “una lunga campagna di incitamento contro il generale Rajoub”.
Chi è Jibril Rajoub
Rajoub non è attivo solo nel campo dello sport. È anche un leader politico, ex capo delle forze di sicurezza in Cisgiordania ed è ritenuto uno degli uomini più influenti del partito di Autorità Nazionale Palestinese (Anp). I media israeliani lo definiscono un “terrorista condannato”.
In una intervista rilasciata a “The Nation”, Rajoub aveva affermato che lo sport può essere uno strumento non violento per resistere all’occupazione. Un “linguaggio globale” e tuttavia non un modo per ricercare la pace, dal momento che era stato proprio lui a chiedere l’esclusione di Israele dalle Olimpiadi. Una questione “non politica” nelle sue parole, ma “morale, legale e etica”.