Il liceo durerà quattro anni. Il ministero della pubblica Istruzione ha concesso, a un istituto di Brescia, di cominciare la sperimentazione. E non è l’unico. A Milano al Collegio San Carlo esiste già un corso di studi, il Silcs, di questa durata. Gli studenti che lo frequentano, ora al terzo anno, sosterranno l’esame di maturità già nel 2015.
Il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, parlando con i ragazzi ha commentato:«Se ci fosse stata quando ero studentessa, anch’io mi sarei iscritta a una scuola come la vostra. Si tratta di un’esperienza che dovrebbe diventare un modello da replicare in tutta Italia anche per la scuola pubblica». Una decisione che, tuttavia, non è passata sotto silenzio. L’Anief, associazione professionale sindacale, infatti, teme che questa sperimentazione possa essere il primo passo verso una riforma ritenuta dannosa. Inoltre, ricordano che già l’ex-ministro Francesco Profumo ventilò l’idea di abbreviare gli anni di studio e anche lì le proteste dei rappresentanti dei lavoratori portarono ad accantonare il progetto. La paura più grande, degli addetti ai lavori, è quella di nuovi tagli al personale che sarebbero giustificati dal dover coprire un numero inferiore di ore.
Continuare a mantenere lo stato attuale delle cose, però, potrebbe allungare il divario tra l’Italia e le altre nazioni d’Europa sul fronte lavoro. Il nostro Paese, infatti, è l’unico ad avere una scuola superiore di cinque anni, senza considerare che la durata degli istituti italiani all’estero è di quattro anni. Il risultato di più anni di studio è vedere i nostri ragazzi superati da studenti europei, americani, cinesi, indiani, che già poco dopo i 20 anni sono già pronti per il mercato del lavoro a differenza degli italiani che, in media, arrivano dopo i 25.
Per portare a 12, dai 13 attuali, la durata del percorso di studio erano al vaglio due ipotesi: portare a quattro gli anni delle superiori o lasciare inalterato il numero ma anticipando l’inizio, con i ragazzi in aula già dai 5 anni. Tuttavia, anche quest’ultima possibilità è stata bocciata dopo le critiche di vari esperti dell’infanzia.
Domenico Cavazzino