BRUXELLES – La Commissione europea ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per l’Italia, tagliando le stime del Pil tricolore dello 0,7% nel 2024 e dell’1% nel 2025. Un allarme, quello di Bruxelles, che si unisce all’inflazione in risalita ad ottobre con aumento medio dello 0,9% e significativi rincari nei beni alimentari, sollevando preoccupazioni tra le famiglie italiane.
Le previsioni della Commissione europea
Secondo le stime aggiornate, il Pil italiano crescerà dello 0,7% nel 2024, in calo rispetto allo 0,9% previsto a maggio, e dell’1% nel 2025. La crescita sarà sostenuta dagli investimenti infrastrutturali e dal miglioramento dei consumi privati, ma restano i rischi legati a ritardi nell’attuazione del Pnrr e all’impatto del consolidamento fiscale, come dichiarato dal Commissario europeo all’Economia Paolo Gentiloni: “Ritardi nell’implementazione dei Pnrr nazionali o un impatto più forte del previsto dal consolidamento fiscale potrebbero ulteriormente frenare la ripresa della crescita”.
La sfida del debito e l’inflazione in aumento
Il debito pubblico italiano, dopo essere sceso dal al 134,8% del PIL nel 2023, è destinato a crescere nuovamente nei prossimi anni, raggiungendo il 136,6% nel 2024, il 138,2% nel 2025 e il 139,3% nel 2026. Questo aumento, come evidenziato dalla Commissione europea, è influenzato dall’impatto ritardato dei crediti d’imposta per le ristrutturazioni edilizie. “Dopo una riduzione post-pandemica, il debito pubblico si sta stabilizzando, ma rimane elevato a causa del protrarsi dell’impatto del superbonus, che ha avuto conseguenze più negative che positive”, ha sottolineato Gentiloni. Ecco perché la gestione del debito pubblico sarà quindi cruciale per garantire la sostenibilità economica del Paese nei prossimi anni.
Intanto, l’Istat ha comunicato che a ottobre 2024 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC) ha registrato una variazione nulla su base mensile ed è aumentato dello 0,9% su base annua, confermando la stima preliminare. Un incremento attribuibile principalmente all’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari e delle bevande analcoliche, che hanno registrato un +2,5% su base annua.