ROMA – A 50 anni dalla sua scomparsa, risulta difficile racchiudere in poche righe quello che Vittorio De Sica ha rappresentato per l’Italia e la storia del cinema.
Mezzo secolo è passato e il ricordo del regista, sceneggiatore e attore è ancora vivo grazie ai suoi lavori, che hanno raccontato ed evidenziato i cambiamenti dell’Italia nel ventesimo secolo.
L’attore, gli inizi e le amicizie
Al secolo Vittorio Domenico Stanislao Gaetano Sorano De Sica comincia con il teatro, a cui si avvicina inizialmente in veste comica e poi cimentandosi in ruoli più drammatici, partecipando tra gli anni ‘20 e ‘40 a un centinaio di spettacoli. Nel 1917 il suo esordio sul grande schermo con “Il processo Clémenceau”, film muto, dimostrando una versatilità attoriale che lo porta, negli anni successivi, a recitare in più di 100 film. Tra questi, i più memorabili quelli con i suoi amici e colleghi Mario Monicelli, Dino Risi, Alberto Sordi e Roberto Rossellini, con menzione speciale per la performance in “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola.
La continua capacità di innovarsi
Della sua eredità dietro la macchina da presa non rimangono solo i riconoscimenti, con quattro Oscar vinti per il miglior film straniero, ma anche la capacità di innovare e rinnovarsi, cambiando cifre stilistiche negli anni, tanto da portare Rossellini a considerarlo l’unico regista italiano con così tanti registri, non solo quello del neorealismo.
La vita privata e il messaggio delle sue opere
Farne un ritratto professionale è difficile, ma lo è ancor di più cercare di inquadrarlo fuori dal set: uomo complesso e profondo in un secolo con due guerre mondiali, un divo legato alla famiglia tanto da averne due, promotore di battaglie espresse con scene piuttosto che parole. I difetti erano quelli dell’italiano che dissacra nelle sue opere; i pregi quelli di una persona con valori legati alla difesa dei più deboli e alla critica dei più potenti.