CATANZARO – Un’altra aggressione ai danni di un medico, questa volta il primario del pronto soccorso di Lamezia Terme, aggredito con un manganello.
Primario aggredito, cosa è successo
Non fa più notizia la violenza nei confronti del personale sanitario. Ieri è capitato al primario del Pronto soccorso del Presidio Ospedaliero “Giovanni Paolo II” Rosarino Procopio, aggredito perché ritenuto colpevole, dai parenti di una paziente, di averla dimessa troppo presto. Lunedì sera il medico aveva finito di spiegare ai parenti il motivo del termine del periodo di degenza della loro familiare quando è stato colpito alla schiena da uno di loro con un manganello. L’arma era nascosta sotto un giubbotto, capace di nasconderla agli uomini della sicurezza del presidio ospedaliero, poi intervenuti tempestivamente sul posto insieme ad agenti di polizia e del commissariato. L’azienda sanitaria provinciale e stamattina il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto condannano in coro l’avvenimento: “Un atto criminale e indegno di un paese civile”, a cui fa eco l’Ordine medici, che non chiede solidarietà ma il divieto di accedere con le armi.
Un fenomeno dilagante
Non sorprende che in ospedale pazienti e parenti si scontrino con i medici: proprio il pronto soccorso ha il primato come luogo in cui avvengono più casi di violenza. Un fenomeno che negli ultimi cinque anni è aumentato del 38% in Italia. Il decreto legge a tutela del personale sanitario è entrato in vigore il 2 Ottobre, ma da allora le aggressioni non sono finite. Carenza di personale, disorganizzazione e lunghi tempi d’attesa tra le principali cause, con il 42% dei medici italiani che dichiara di essere stato vittima di almeno un’aggressione. Tante le possibili motivazioni che hanno trasformato i professionisti sanitari in vittime, considerati dai parenti gli unici responsabili dei disagi degli ospedali: una visione difficile da correggere.