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HomeCronaca Ancora una violenza in ospedale: aggredito primario a Lamezia Terme

Ancora violenza in ospedale
Aggredito con un manganello
primario di Lamezia Terme

Un fenomeno ormai dilagante

L'assalto al "Giovanni Paolo II"

di Marco Bertolini12 Novembre 2024
12 Novembre 2024

Ospedale di Lamezia | Foto Ansa

CATANZARO – Un’altra aggressione ai danni di un medico, questa volta il primario del pronto soccorso di Lamezia Terme, aggredito con un manganello.

Primario aggredito, cosa è successo

Non fa più notizia la violenza nei confronti del personale sanitario. Ieri è capitato al primario del Pronto soccorso del Presidio Ospedaliero “Giovanni Paolo II” Rosarino Procopio, aggredito perché ritenuto colpevole, dai parenti di una paziente, di averla dimessa troppo presto. Lunedì sera il medico aveva finito di spiegare ai parenti il motivo del termine del periodo di degenza della loro familiare quando è stato colpito alla schiena da uno di loro con un manganello. L’arma era nascosta sotto un giubbotto, capace di nasconderla agli uomini della sicurezza del presidio ospedaliero, poi intervenuti tempestivamente sul posto insieme ad agenti di polizia e del commissariato. L’azienda sanitaria provinciale e stamattina il presidente della regione Calabria Roberto Occhiuto condannano in coro l’avvenimento: “Un atto criminale e indegno di un paese civile”, a cui fa eco l’Ordine medici, che non chiede solidarietà ma il divieto di accedere con le armi.

Un fenomeno dilagante

Non sorprende che in ospedale pazienti e parenti si scontrino con i medici: proprio il pronto soccorso ha il primato come luogo in cui avvengono più casi di violenza. Un fenomeno che negli ultimi cinque anni è aumentato del 38% in Italia. Il decreto legge a tutela del personale sanitario è entrato in vigore il 2 Ottobre, ma da allora le aggressioni non sono finite. Carenza di personale, disorganizzazione e lunghi tempi d’attesa tra le principali cause, con il 42% dei medici italiani che dichiara di essere stato vittima di almeno un aggressione. Tante le possibili motivazioni che hanno trasformato i professionisti sanitari in vittime, considerati dai parenti gli unici responsabili dei disagi degli ospedali: una visione difficile da correggere.

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