Cresce la tensione in Medio Oriente e aumenta la preoccupazione per i soldati dell’esercito italiano d’istanza in Libano. Dopo l’incursione di terra dell’esercito israeliano nel versante libanese meridionale, avvenuto nella serata di lunedì 30 settembre, nelle basi di Unifil – la Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite – l’allerta è salita oltre il “livello 2”.
I soldati italiani in Libano
La nuova strategia di Israele – come spiegato dall’Idf – non consiste in una vera e propria invasione, ma in blitz chirurgici volti a distruggere le postazioni di Hezbollah. Nonostante ciò la precauzione rimane altissima per i soldati di Unifil, tra cui figurano circa 1.200 soldati italiani. Tra i loro compiti ci sono quelli del pattugliamento della cosiddetta “Linea Blu” – che separa Israele e Libano – l’assistenza alla popolazione civile, le azioni di sminamento e il supporto all’esercito libanese.
Le rassicurazioni di Crosetto e Tajani
Le parole di conforto arrivano direttamente dal ministro della Difesa Guido Crosetto e dal ministro degli Esteri Antonio Tajani. “Il personale militare italiano in Libano ha raggiunto le posizioni protette e al momento si trova precauzionalmente nei bunker”, ha spiegato il ministro Crosetto specificando poi che l’Unifil “non è un obiettivo diretto degli attacchi, ma non bisogna sottacere che l’aumento del livello e dell’intensità degli scontri rende la situazione delicata”. A ribadire il concetto è il ministro Tajani, che sottolinea come i peacekeeper italiani non debbano essere considerati in pericolo, né tantomeno come obiettivi del conflitto, escludendo infine un cambiamento delle regole di ingaggio delle forze Unifil. Nonostante l’escalation, l’Unifil, come confermato dal portavoce della missione militare Andrea Tenenti – non intende abbandonare le proprie postazioni.
La richiesta delle opposizioni al Senato al governo
Intanto a Palazzo Madama il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, ha chiesto che il ministro degli Esteri Antonio Tajani e della Difesa Guido Crosetto riferiscano oggi all’aula del Senato sulla situazione in Medio Oriente, anziché davanti alle commissioni come previsto per la giornata di mercoledì 2 ottobre. “Israele deve fermarsi, bisogna chiamare un timeout serio” aveva sostenuto in precedenza Boccia, che si è poi rivolto in prima persona alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni affinché si faccia “portavoce di un’iniziativa diplomatica di cui c’è un grandissimo bisogno”.