TORINO – È sempre più netta la crisi per il gruppo Stellatis, che ha rivisto al ribasso le stime per il 2024. Tutta colpa del disastroso andamento delle vendite della compagnia negli Stati Uniti, che sono crollate del 16% nella prima metà del 2024, con cali significativi per tutti i machi americani.
E mentre voci di corridoio parlano di una possibile fuoriuscita della famiglia Elkann dal gruppo – di cui il primogenito John è Ceo dal 2021- , dando la dimensione di un male incurabile che serpeggia nell’azienda, c’è fermento per la discussione alla Camera del ddl Lavoro. Allo studio il rilancio produttivo e occupazionale degli stabilimenti italiani di Stellantis.
In questo clima di tensione arriva la conferma del prolungamento dello stop produttivo dell’azienda di Torino: la produzione della 500 elettrica alle Carrozzerie di Mirafiori sarà sospesa fino al primo novembre.
Una situazione non facile per l’azienda guidata dall’amministratore delegato Carlos Tavares, che proprio a causa del taglio delle stime ha visto crollare la titolazione in Borsa. Stellantis ha chiuso in calo del 14,72% a Milano e del 14,74% a Parigi, in una brutta giornata per l’intero settore.
Ma l’andamento complessivo del mercato automobilistico non è incoraggiante. A Piazza Affari hanno perso terreno anche Iveco (-4,04%) e Ferrari (-1,2%). E la maglia nera della giornata è andata al marchio Aston Martin che, dopo la revisione al ribasso, è crollato a Londra perdendo il 24,51%. A Parigi, poi, le voci di corridoio su un eventuale fusione proprio con Stellantis hanno fatto scivolare Renault al -5,57%.
Lunedì nero per l’auto anche a Wall Street, con General Motors e Ford che hanno perso rispettivamente il 3,4% e il 2,9%. A porre un freno allo sviluppo del settore, inoltre, il nodo legato all’insuccesso delle auto elettriche che arriva a mettere in discussione gli obiettivi europei che prevedono lo stop alla vendita di auto a diesel e benzina nel 2035.
I numeri relativi alle vendite dei veicoli green stridono infatti con gli ingenti investimenti già avviati dai principali produttori per la conversione – Stellantis, in primis con la sua previsione di 50 miliardi entro il 2030 – e spingono a rivedere piani e obiettivi, in molti casi lasciando le ibride accanto alle elettriche. Colpa soprattutto dei prezzi troppo alti rispetto a quelli delle auto con motore a combustione interna, almeno il 20% in più, ma anche di una politica incerta a livello europeo sul piano normativo.