Presentato alla sede romana della FNSI il volume scritto dal magistrato Maurizio Fumo dal titolo “La Diffamazione mediatica”. Alla presenza dell’autore e dopo una prolusione tenuta da personalità quali Fabrizio Carotti della FIEG, Roberto Natale della FNSI e Pierluigi Franz, già cronista giudiziario del Corriere della sera e dela Stampa, si è tenuto un dibattito che ha spaziato sui temi trattati dall’opera e ne ha approfondito alcuni punti. Il volume tratta le problematiche relative al delitto di diffamazione consumato attraverso i media, con specifico riferimento alla giurisprudenza penale della Corte di Cassazione. L’autore, in magistratura dal 1977 e attualmente in servizio presso le sezioni unite della suprema Corte, commenta e interpreta le pronunce del giudice sulla legittimità delle varie cause intentate contro giornalisti, autori ed editori da parte di personaggi che si sono sentiti “diffamati”. Negli ultimi anni il dibattito sul limite tra il diritto di cronaca, la critica e la diffamazione ha infatti interessato non solo il mondo dell’informazione e i suoi principali organi di autogoverno, ma anche la giurisprudenza.
Il dibattito sulle fonti normative. Le posizioni non sono unanimi sia nel dibattito giuridico che in quello giornalistico; se il codice penale non transige stabilendo all’art. 595 che la diffamazione è da intendersi come l’offesa all’altrui reputazione (intesa come l’onore della persona) prevedendo altresì la carcerazione fino ad un anno, Roberto Natale della FNSI ha spiegato di essere stato più volte portatore presso il Palazzo dell’istanza di “ammorbidire” tale dettato normativo per il giornalista, non per rivendicare un privilegio di categoria ma per evitare che il mestiere del cronista venga eccessivamente compresso.
Il risarcimento come deterrente. Pierluigi Franz ha aggiunto che nei casi di querela per diffamazione, o presunta tale, troppo alta è la richiesta di indennizzo economico avanzata dal “diffamato”, al solo fine di scoraggiare il giornalista dallo scrivere su determinati argomenti. Tali problematiche sono generate dal fatto che anche informazioni di grande utilità sociale, oggettivamente vere e frutto di ricerche ed espresse in modo civile e deontologicamente corretto, possono risultare lesive della credibilità e l’onorabilità della persona. L’imperativo è dunque quello di non eccedere lo scopo informativo degenerando dell’offesa indiretta.
Un problema accresciuto dai nuovi media. Il tutto si svolge quindi nell’alea della mancanza di una definizione univoca di “onore” e di “critica”; nel libro del magistrato l’indagine sui limiti, sull’esercizio e sulle conseguenze del diritto di cronoca-critica è centrale, riponendo inoltre grande attenzione alla nascita e alla diffusione dei nuovi media telematici, il cosiddetto diritto penale della rete.
Indennizzi per “diffamazione” usati come deterrenti, cifre astronomiche scoraggiano il cronista dal raccontare
29 Maggio 201243