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Legge bavaglio, ok del governo
al divieto di pubblicazione
delle ordinanze

Gli atti non potranno più essere citati

tra virgolette, ma solo nei contenuti

di Chiara Esposito06 Settembre 2024
06 Settembre 2024

L'esterno di Palazzo Chigi, 3 settembre 2024 | Foto Ansa

ROMA – Alla fine lo stop è arrivato. Il Consiglio dei ministri, nella riunione di mercoledì 4 settembre, ha dato il via libera al divieto di pubblicazione delle ordinanze di custodia cautelare fino a che non siano concluse le indagini preliminari o fino al termine dell’udienza preliminare. 

L’iter della norma

Con l’approvazione della norma, che modifica l’articolo 114 del codice di procedura penale, si conclude così il travagliato iter della cosiddetta “legge bavaglio”. Iter cominciato nei mesi scorsi al Senato con il voto favorevole all’articolo 4 della legge di adeguamento della normativa nazionale alla direttiva europea del 2016, che chiede agli Stati membri di rispettare maggiormente “la presunzione di innocenza nel fornire o divulgare informazioni ai media”. 

A introdurre la questione relativa al divieto di pubblicazione delle ordinanze, nel passaggio alla Camera della legge, è stato l’emendamento promosso dal deputato di Azione Enrico Costa, ora soddisfatto della decisione del governo definita in linea con “il rispetto della presunzione di innocenza”. 

Le nuove regole

Le nuove regole impongono ai giornalisti il silenzio sugli atti, che non potranno più essere riportati tra virgolette ma solo nei contenuti. Le informazioni riguardanti il capo di imputazione potranno invece essere fedelmente riportate per esteso. Passi indietro, dunque, rispetto alla precedente riforma del 2017 dell’allora ministro Andrea Orlando, che rendeva le ordinanze pubblicabili senza limiti. 

Il presidente del Cnog: “Limitata la libertà di stampa”

Non ci sta Carlo Bartoli, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, per il quale la norma “limita pesantemente la libertà di stampa” e “infligge un colpo duro alla trasparenza e al controllo sull’operato della magistratura da parte dell’opinione pubblica”. Imponendo il divieto di pubblicare “anche solo estratti delle ordinanze di custodia cautelare”, continua Bartoli, non si mina a “un privilegio dei giornalisti” ma “a un diritto costituzionale dei cittadini”. 

Il provvedimento varato dal governo sarà ora esaminato dalle due commissioni Giustizia di Camera e Senato, che entro sessanta giorni potranno dare alcuni suggerimenti, tuttavia non vincolanti. 

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