Due pezzi del nostro Paese. Due storie di successo. Due vicende dai destini incrociati e accomunate da un finale amaro. Telecom e Alitalia, simboli dell’impegno imprenditoriale italiano, finiscono in mani straniere. Nell’era della globalizzazione non è certo uno scandalo; l’assurdo, semmai, è il modo in cui due colossi nazionali cambiano padrone. Sembrano saldi di fine stagione o, meglio, svendite per cessata attività: la dimostrazione che l’Italia non riesce più a fare sviluppo. La crisi economica, l’incertezza politica, la viscosità del sistema amministrativo, la corruzione imperante hanno da tempo allontanato gli investitori dalle nostre aziende; è così partita una vera e propria caccia all’affare. Perché finanziare quando si può direttamente comprare? Così è stato. Ma ora è già finito il tempo del rammarico e inizia quello delle accuse.
Telecom verso la Spagna. L’annuncio è di ieri mattina: il gruppo spagnolo Telefonica rileva il 70% di Telco (società controllante il 22,4% di Telecom) per “solo” 850 milioni di euro. A comunicarlo i soci italiani del gruppo (Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo). Uno smacco, considerando che l’acquisizione proviene da un Paese che è stato sull’orlo del baratro più di una volta e i cui conti pubblici sono ancora fragili, nonostante la ripresa. Una manovra che ha scatenato proteste bipartisan; tutti a chiedere l’intervento del governo per spiegare il perché di questo terremoto quasi improvviso.
Il premier Letta, dagli Stati Uniti (dove è in visita ufficiale), getta però acqua sul fuoco: «Guardiamo, valutiamo ma Telecom è una società privata. Capitali europei potrebbero aiutarla a essere migliore rispetto agli ultimi 15 anni». Tradotto: qualsiasi intervento dell’esecutivo sarebbe illegittimo; fine del discorso.
Intanto, però, il presidente di Telecom, Bernabé, è stato chiamato a riferire d’urgenza in Senato sui motivi e sulle conseguenze della vendita. «Non ne sapevo nulla, l’ho letto dai comunicati stampa», si difende di fronte alla Commissione Lavori pubblici di Palazzo Madama e rilancia: «Se il sistema fosse stato davvero così preoccupato del futuro di Telecom Italia come lo è stato in questi ultimi due giorni forse sarebbe stato possibile un intervento più strutturale».
Il numero uno di Telefonica, Cesar Alierta, rassicura che la componente italiana del gruppo rimarrà formalmente indipendente continuando a decidere in autonomia piani industriali e occupazionali; anche se già si parla di un ulteriore scalata spagnola per arrivare, entro la fine del 2014, al controllo del 100% di Telecom. E pensare che a metà anni ’90, quando era un’azienda pubblica, i nostri tentarono di acquisire una piccola società emergente: si chiamava Vodafone.
Alitalia volerà in Francia? Per un’azienda italiana che se ne va, un’altra sta preparando le valigie. Perché anche Alitalia, compagnia aerea di bandiera, è a un passo dal controllo straniero. Air France-Klm, già detentrice del 25% dopo il piano di salvataggio del 2008, è pronta all’assalto finale: arrivare al 50% e controllare una volta per tutte la società.
Già cinque anni fa i francesi tentarono di mettere le mani sulla metà di Alitalia; allora, però, il governo preferì affidare buona parte dell’azionariato a una cordata d’investitori privati italiani (composta, tra gli altri, da Benetton, Marcegaglia, Riva e dall’onnipresente Intesa Sanpaolo); un capitale distribuito tra decine di società senza sostanziali poteri di decisione. Un’attesa che, a posteriori, potrebbe convenire ai transalpini. Se l’operazione andasse in porto Air France riuscirebbe a cavarsela con “appena” 150 milioni di euro (venti volte meno del prezzo offerto all’epoca del fallimento della vecchia Alitalia).
Parallelamente, un’altra manifestazione d’interesse sta provenendo in queste ore da James Hogan, presidente e amministratore delegato di Etihad Airways; la stessa compagnia che, recentemente, ha portato termine altre tre importanti operazioni, acquisendo il 24% di Jet Airways, il 49% di Air Serbia e il 19% di Virgin Australia. Molto del destino di Alitalia si capirà meglio dopo il prossimo consiglio di amministrazione, fissato per domani.
Il via libera alla vendita sarebbe un altro duro colpo per l’economia italiana ma soprattutto per la credibilità del nostro Paese all’estero.
Marcello Gelardini