Eleonora Nocito è un’avvocata penalista esperta in bullismo e cyberbullismo. A Lumsanews ha chiarito i profili giuridici legati al fenomeno in aumento in Italia, ripercorrendo le armi a disposizione delle vittime e le mosse offerte ai cyberbulli.
Quali sono le conseguenze civili e penali legate a un uso “non corretto” della rete per un minore? Ne risponde solo lui?
“La responsabilità penale è personale. Quindi, se un minore ultraquattordicenne non usa correttamente la rete compiendo uno o più reati, allora rischierà di subire un processo davanti al Tribunale per i minorenni. È bene ricordare però che anche i genitori potrebbero essere considerati responsabili dei comportamenti dei propri figli minorenni dal punto di vista civile. E perciò essere condannati a pagare un risarcimento alla vittima. Madri e padri hanno però anche il dovere di educare i figli, assicurandosi che l’educazione impartita sia adeguata al loro carattere e alle loro attitudini. Infatti la responsabilità parentale può essere esclusa solo nel caso in cui i genitori dimostrino di non aver potuto impedire il fatto, una cosa molto difficile da provare. Eppure questo non significa che il Tribunale per i minorenni non possa intervenire per accertare le capacità educative e di controllo dei genitori nel caso di gravi e reiterate condotte di cyberbullismo compiute da un minorenne”.
Quali sono invece le armi a disposizione di una vittima di cyberbullismo?
“È la legge n.71 del 2017 a prevedere la possibilità per il minore vittima di cyberbullismo – o per i genitori per suo conto qualora non abbia compiuto 14 anni – di chiedere di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti che lo riguardano. La richiesta deve essere inoltrata direttamente al gestore del sito web, social network e servizi di messaggistica istantanea. Oppure, in caso di inerzia del gestore, al Garante della Privacy con un modulo d’istanza reperibile online. Prima di presentare denuncia o querela – l’opzione classica per ottenere tutela – la vittima si può avvalere però dell’ammonimento da parte del Questore, un provvedimento previsto sempre nella legge contro il cyberbullismo. In caso di ingiuria, diffamazione, minaccia e trattamento illecito di dati personali tramite internet il Questore può infatti convocare il minore ultraquattordicenne che ha compiuto questo genere di condotte nei confronti di altri minorenni per ammonirlo oralmente e invitarlo a tenere un comportamento conforme alla legge. Il tutto sempre in presenza di almeno un genitore. Si tratta di una sorta di “cartellino giallo” nei confronti del cyberbullo: un modo per evitare di adire direttamente l’autorità giudiziaria ma sufficiente per arginare il fenomeno solo nei casi meno gravi. Oltre al ricorso per vie legali, la cosa che però è più importante per la vittima è trovare un adeguato supporto psicologico. Magari rivolgendosi ad associazioni o, altrimenti, all’istituto scolastico per azioni di carattere educativo nel momento in cui il cyberbullismo dovesse riguardare compagni di scuola”.
Cosa è cambiato con la legge sul cyberbullismo?
“All’art. 1 della legge sul cyberbullismo troviamo per la prima volta la definizione normativa del fenomeno. La legge ha circoscritto il suo raggio di azione ai soli minorenni, scegliendo di non introdurre una nuova fattispecie di illecito penale ma di puntare su azioni di carattere preventivo e non repressivo. Nel nostro codice sono infatti già presenti dei reati che puniscono alcune condotte di cyberbullismo, per questo non si è ritenuto di creare una fattispecie normativa ad hoc. La legge ha demandato così ai singoli istituti scolastici l’educazione alla legalità e all’uso consapevole di internet e la garanzia di ‘formare’ tutti i soggetti coinvolti. Sono proprio i Dirigenti scolastici a dover informare tempestivamente degli atti di cyberbullismo i genitori o i tutori dei minori coinvolti, in modo da attivare azioni di carattere educativo, salvo che il fatto costituisca reato. La legge n. 71 del 2017 prevede inoltre, in ogni scuola, la figura di un docente referente, per gli episodi cyberbullismo e per ogni fenomeno di bullismo in generale”.
Gli strumenti legali sono sufficienti o servirebbe un impegno maggiore?
“Gli strumenti legali attualmente presenti sarebbero anche sufficienti ma occorre lavorare in sinergia per contrastare il cyberbullismo: tutti quanti devono dare un contributo poiché il bullismo online rappresenta un problema sociale che non riguarda solo i diretti interessati ma chiunque voglia promuovere il rispetto per gli altri e l’educazione alla legalità. Ecco perché risulta ancora più importante la “rete” costituita da avvocati, psicologi, insegnanti, forze dell’ordine e esperti informatici. Ma soprattutto dai genitori, che giocano un ruolo di importanza primaria nella battaglia contro le insidie di Internet. Un ruolo del quale, però, non sembrano ancora avere la giusta consapevolezza perché spesso si interessano del fenomeno solamente quando si trovano a viverlo in prima persona. È quindi fondamentale colmare il gap intergenerazionale tra adulti e nativi digitali e sforzarci di comprendere il mondo dei ragazzi e il loro modo di comunicare. I genitori si devono informare sulle trappole della rete ma anche sugli strumenti di parental control, educando i propri figli ad un uso consapevole e corretto di internet e dei social”.