I rapporti tra Cina e Gran Bretagna restano infuocati. La Cina, accusata dalla Gran Bretagna, dagli Usa e dalla Nuova Zelanda, di aver effettuato attacchi informatici contro siti governativi ed email personali di deputati, accademici e giornalisti che si erano dimostrati critici nei confronti di Pechino, respinge categoricamente le accuse.
La Cina, infatti, ritiene le critiche “completamente infondate e che costituiscono una calunnia”. Inoltre, in una nota l’ambasciata cinese ha esortato “le parti interessate nel Regno Unito a smettere di diffondere false informazioni e a fermare la loro farsa politica anticinese auto-organizzata”.
Pechino quindi si difende dopo che lunedì 25 marzo è stata accusata da Londra di essere dietro al cyberattacco contro gli archivi della Commissione elettorale britannica – condotto a partire dall’agosto 2021- e attribuito ad APT31, gruppo hacker ritenuto controllato dallo Stato cinese. Solo poche ore dopo, gli Stati Uniti hanno accusato sette persone di nazionalità cinese di aver portato avanti cyberattacchi che hanno avuto nel mirino membri del Congresso, funzionari della Casa Bianca, candidati e società americane. Il Dipartimento di Giustizia e l’Fbi hanno parlato di attacchi vasti e spalmati su 15 anni, nei quali sono rimasti “intrappolati” milioni di account online di cittadini statunitensi. Ma sono stati presi di mira funzionari americani. Oltre al Regno Unito e gli Usa, anche la Nuova Zelanda ha riferito di aver collegato un gruppo cinese “sostenuto dallo Stato” a un attacco informatico ai servizi parlamentari avvenuto tre anni fa.
Le sanzioni occidentali
Londra ha deciso di adottare sanzioni contro due cittadini cinesi e APT31. Nonché la convocazione dell’ambasciatore di Pechino al Foreign Office. Misure poi seguite da iniziative analoghe annunciate separatamente ma in parallelo da Usa e Nuova Zelanda per altri presunti cyber attacchi, portati contro istituzioni ed esponenti politici loro, nell’ambito di indagini coordinate dalle intelligence dei Five Eyes (alleanza che comprende Australia e Canada, oltre a Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti).