Santiago del Cile, un anno dopo il golpe di Pinochet (11 settembre 1973). L’Ambasciata d’Italia in Cile diventa il rifugio per oppositori politici, poveri ed ex militari in fuga. A raccontarlo è l’ambasciatore Emilio Barbarani, nel suo libro, intitolato “Chi ha ucciso Lumi Videla?”. La testimonianza diretta di Barbarani, allora giovane console inviato in missione dalla Farnesina, è un autentico pezzo di storia cilena ed italiana.
Compito delicato quello del console, giunto nella residenza un mese dopo l’uccisione di Lumi Videla, militante del Mir (movimento rivoluzionario di sinistra), morta in condizioni misteriose. Secondo gli oppositori al regime la ragazza era stata brutalmente torturata proprio dalla polizia golpista. I carabineros, probabilmente intenzionati a servirsi del delitto come pretesto per attaccare l’Ambasciata, accusarono invece i rifugiati. A condurre le indagini fu il giudice Eduardo Araya, che anni dopo riuscì a scagionare i dissidenti dalle accuse mosse dalla giunta militare. L’inchiesta sulla morte di Videla è il filo conduttore che lega le vicende del libro. Ma in quest’opera autobiografica c’è molto di più.
La trama del libro. “Chi ha ucciso Lumi Videla?”, racconta la storia di un uomo coraggioso, che per due anni ha messo a rischio la sua vita per salvare quella di centinaia di persone. Un eroe, così è stato considerato l’ambasciatore, di ritorno in missione a Santiago nel 1998. Barbarani ha aspettato la fine della sua carriera diplomatica per ripercorrere quei fatti e farli conoscere al mondo. Ha atteso, dice, che la situazione politica cilena fosse del tutto stabile. Mentre in Italia la gente manifestava nelle piazze contro Pinochet, il console fu inviato in Cile per coadiuvare le operazioni dell’ambasciatore ad interim Tomaso de Vergottini, in un momento in cui il governo italiano non riconosceva la dittatura cilena. I due diplomatici non ricevettero indicazioni precise sulla loro missione, ma con astuzia e audacia sfidarono la polizia segreta, permettendo a molti dissidenti di sinistra di espatriare.
Nella capitale del Cile una realtà complessa. Barbarani racconta anche quale ruolo importante abbia avutola Chiesa, in particolare il cardinale Raul Silva Henrìquez, che spesso chiedeva al diplomatico di fare il lavoro “sporco”, che i preti non potevano svolgere.
Nel 1974 l’atmosfera a Santiago era davvero surreale. Metà della popolazione viveva nel sospetto, con l’incubo di rastrellamenti dei Servizi, in particolare della DINA. L’altra metà, la parte più benestante, l’alta borghesia e la classe dirigente, era invece ben contenta di appoggiare la dittatura, scansato il pericolo di una rivoluzione proletaria sul modello cubano.
In questa spy-story non mancano episodi tragici e lirici, storie d’amore accanto a momenti di alta tensione. Il libro ha inoltre l’intento di far luce sui meccanismi della diplomazia, e descrive le difficoltà di un funzionario che svolge il proprio dovere, pur sentendosi abbandonato dal proprio Paese.
Emilio Barbarani è adesso in pensione, e vive a Roma. “Chi ha ucciso Lumi Videla?” viene presentato martedi 29 maggio alle 18:00 presso “La Casetta Rossa”, in via Magnaghi, nel quartiere Garbatella.
di Annalisa Cangemi
Un Italiano contro Pinochet
28 Maggio 201250