ROMA – Un milione di donne in più occupate nel 2023 e un tasso di occupazione in aumento dal 39,4% al 42,2%. Sono i dati Istat dell’occupazione femminile in Italia che, nonostante i passi in avanti, si attestano ancora tra i più bassi in Europa, insieme a Malta e alla Grecia. In attesa della giornata internazionale che celebra le donne, l’ultimo rapporto dell’Istituto nazionale di statistica riferito ai dati del 2023 constata la presenza di alcune tendenze ormai radicate, a partire dal profondo divario occupazionale tra Sud e Nord Italia.
La mappa italiana, Sud e isole lontanissime dal Settentrione
In Calabria, Campania e Sicilia lavora una donna su tre. Si tratta del più basso tasso di occupazione femminile in Italia. Questo viene clamorosamente ribaltato se ci si sposta all’estremo nord, in Trentino Alto-Adige, dove il tasso sale al 66,2%, allineandosi alla media europea.
Il gender gap non è solo salariale
Altro dato eclatante riguarda il gender pay gap, la differenza di retribuzione salariale fra uomini e donne. Il fenomeno si registra soprattutto nel privato: se si guarda alle retribuzioni medie annue lorde delle lavoratrici e dei lavoratori, il gap è di 7.922 euro annui per le donne che lavorano per aziende private (- 30% rispetto agli uomini) e di 9.895 euro annui nel pubblico (-24,6%).
Ma non si tratta solo di stipendi più bassi. Differenti sono anche le opportunità alle quali le donne possono accedere, spesso a causa del tempo dedicato alla cura dei familiari. Infatti, a incidere sulla dinamica delle retribuzioni femminili è sicuramente l’ampia diffusione dei contratti a termine e la formula part-time, che consentono un migliore bilanciamento tra vita lavorativa e privata. Nel privato il 47,7% delle donne è occupato a tempo parziale a fronte del 17,4% degli uomini. Questa tipologia contrattuale si concentra soprattutto in quelle regioni dove il tasso di occupabilità femminile è più basso. A pesare anche i contratti a tempo determinato, la cui discontinuità porta a una minore retribuzione annua complessiva per le lavoratrici. Un fenomeno che incide profondamente nell’economia nazionale e fa sprofondare il Paese agli ultimi gradini della classifica europea.