Guido Mori, direttore dell’Università della Cucina Italiana, conduce sui suoi canali social una personale battaglia culturale contro il food porn. Nei suoi reel bersaglia molti sedicenti chef influencer, criticando i loro metodi di preparazione soprattutto da un punto di vista tecnico. Con Lumsanews sottolinea l’importanza del corretto utilizzo dei media per la promozione di contenuti culinari.
Mori, quando ha avvertito la necessità di correggere i trend culinari che spopolano sui social?
“Cerco di guardare con occhio critico i contenuti alimentari proposti sui social. Ho iniziato per gioco. Ero in vacanza, sotto l’ombrellone, quando mi è arrivata la chiamata della nostra marketing manager. Scherzando, mi ha chiesto di commentare i reel di alcuni chef influencer”.
Quanto pesano i social network nel mondo della cucina?
“Sono uno strumento potentissimo, perché raggiungono un bacino di persone illimitato. Certamente hanno un grande impatto anche dal punto di vista culinario e per questo è necessario impiegarli per diffondere cultura”.
Crede che possano condizionare il modo di fare cucina?
“La ristorazione riflette la nostra società già da prima dell’avvento dei social. È un meccanismo fisiologico. Basti pensare all’evoluzione della carbonara. Adesso si usano tre tuorli d’uovo a persona, mentre nella ricetta originale, pubblicata nel 1954 su Cucina Italiana, figuravano panna, groviera, aglio, cipolla e pancetta”.
Come guadagnano i food influencer?
“Esistono due vie di guadagno: la monetizzazione dei video caricati sui social e le sponsorizzazioni. Talvolta queste sono occulte, ma si sta andando verso una regolamentazione del settore”.
Concretamente, di quanto si parla?
“Un influencer con mezzo milione di seguaci su YouTube riesce a fare anche 150 mila euro all’anno”.
Come funziona la comunicazione social in questo settore?
“Con la logica dei trend: rifare le stesse cose, con le stesse battute e le stesse canzoni. In questo modo l’algoritmo ti considera in maniera cumulativa e omogeneizza il tutto da un punto di vista contenutistico”.