“Le emissioni di metano nell’atmosfera che provengono per il 37% dagli allevamenti intensivi, sono 86 volte più distruttive rispetto a 100 anni fa”. Francesca Grazioli, scrittrice e ricercatrice del Centro internazionale “Bioversity International” racconta a Lumsanews le pericolosità che si celano dietro gli allevamenti intensivi.
Quali sono i principali agenti inquinanti prodotti dagli allevamenti intensivi?
“Gli animali, attraverso i loro escrementi, emettono una serie di gas che creano un effetto serra. L’emissione di metano proviene per il 37% dell’allevamento e, rispetto a 100 anni fa, è 86 volte più distruttiva. In 100 anni, infatti, la sua capacità di intrappolare il calore rispetto alla CO2 è di 86 volte maggiore. Inoltre è presente un altro gas: il protossido d’azoto. Il 65% di questo viene prodotto all’interno degli allevamenti intensivi ed è 310 volte più potente della CO2, quindi ha 310 volte il potenziale di riscaldamento della CO2”.
Quali tipologie di allevamenti intensivi inquinano di più e cosa comporta l’emissione delle sostanze tossiche sulle persone?
“Tra gli allevamenti più inquinanti troviamo quelli di bovini e suini, soprattutto perché producono tantissimi liquami. Quando si tengono migliaia e migliaia di animali a stretto contatto, che hanno bisogno di anticorpi e di una serie di rafforzamenti per sopravvivere in condizioni anomale, è normale che i liquami prodotti provochino gravi danni ambientali. Un esempio di questo fenomeno è la Pianura Padana, uno dei posti con la maggiore concentrazione di allevamenti intensivi animali e allo stesso tempo uno dei luoghi più inquinati in Europa. Le conseguenze si riscontrano a livello umano. Secondo degli studi condotti negli Stati Uniti, le comunità che vivono vicino agli allevamenti intensivi hanno numerosi problemi di salute tra cui asma e alte incidenze tumorali”.
Esistono delle pratiche utilizzate per ridurre l’impatto ambientale degli allevamenti intensivi?
“Negli anni si sono sperimentate delle soluzioni pratiche per ridurre il problema. Ad esempio i liquami dei maiali vengono utilizzati all’interno di bioreattori. Oppure, i bovini possono produrre meno metano aggiungendo dell’aglio nella loro dieta. Sono tutte soluzioni funzionali che però vengono applicate all’interno di un contesto di sfruttamento intensivo. Purtroppo per ora il sistema è questo e dobbiamo renderci conto che i consumi di carne animale sono eccessivi e soprattutto non sostenibili dal punto di vista ambientale. Le soluzioni esistono e, per certi versi, potrebbero viaggiare di pari passo con il sistema degli allevamenti intensivi”.
Come si può sensibilizzare la comunità su questa tematica?
“Bisogna togliere questo velo sugli allevamenti intensivi, che seguono una logica di produzione del cibo che diventa ovviamente una logica economica che ha come priorità il profitto, tramite lo sfruttamento corpi viventi. Questa è la grande differenza rispetto ad altre categorie di produzione”.