ROMA – Servirà un vertice tra i leader dei partiti della maggioranza di governo per fare sintesi e così dirimere le ultime controversie sulla riforma del premierato. Termine ultimo per presentare gli emendamenti comuni è lunedì 5 gennaio. Sullo sfondo anche una nuova riforma del sistema elettorale. Tuttavia, dalla terza riunione in tre giorni dei capigruppo di maggioranza in Senato, emergono ancora obiezioni della Lega. Definite dalla ministra delle Riforme Maria Alberti Casellati squisitamente politiche, e solo relativamente di merito.
Secondo la nuova bozza di riforma si rafforza il ruolo del presidente del Consiglio. Cade la norma anti-ribaltone – che in origine prevedeva il subentro automatico del “premier di scorta” in caso di sfiducia o dimissioni –, salvo deroghe disciplinate: morte, impedimento permanente, dimissioni e decadenza. Chi subentra, inoltre, deve essere un parlamentare della stessa coalizione. Nel caso in cui il parlamentare non riesca ad ottenere la fiducia, il Quirinale procede allo scioglimento delle Camere.
Per il premier eletto, invece, in caso di sfiducia di una delle due Camere, ha a disposizione una settimana per riprovarci e poi dimettersi, oppure può proporre lo scioglimento del Parlamento al presidente della Repubblica.
Tra le novità previste dal disegno di legge sul premierato anche quella di proporre al capo dello Stato nomina e revoca dei ministri. Non solo, il limite dei mandati è di due, ma si potrà sforare le tre legislature consecutive nel caso in cui la precedente si sia conclusa in anticipo (se ha governato per meno di sette anni e sei mesi).
Eliminato, almeno nelle intenzioni dell’esecutivo, il semestre bianco per il capo dello Stato. Durante gli ultimi sei mesi del mandato, il presidente della Repubblica, quindi, non potrebbe più avvalersi della facoltà di sciogliere le Camere, salvo quando lo scioglimento sia un atto dovuto.