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HomeCronaca “Nella raccolta dati della mortalità tumorale non c’è uniformità”

"Nella raccolta dati
della mortalità tumorale
non c'è uniformità"

Valentina Silvestri; ricercatrice:

"I grafici possono ingannare"

di Alessandra Bucchi05 Febbraio 2024
05 Febbraio 2024
tumori

Valentina Silvestri, ricercatrice presso il dipartimento di medicina molecolare dell’Università Sapienza di Roma

Sono molti i fattori che possono determinare un numero più alto di malati e morti di tumori. I dati possono spesso ingannare. Valentina Silvestri, ricercatrice presso il dipartimento di medicina molecolare dell’Università Sapienza di Roma, spiega a Lumsanews perché un aumento di malati oncologici è un segno “positivo”. 

Come mai in Liguria ci sono così tanti morti di tumore in più rispetto alle altre regioni italiane?

“Nell’epidemiologia, soprattutto del campo dei tumori, si devono tenere in considerazione molti aspetti e analizzarli a 360 gradi. In Liguria ad esempio la popolazione è molto anziana, e sappiamo che l’incidenza dei tumori, e quindi anche la mortalità, aumenta all’aumentare dell’età. Quando vediamo questo dato non dobbiamo pensare che sia attribuibile solo a fattori di rischio ambientali come l’inquinamento, ma le ragioni possono essere tante. Dobbiamo valutare più ipotesi quando vediamo il dato epidemiologico.

Quindi il dato potrebbe essere falsato? 

“Per spiegare questa discrepanza dobbiamo pensare a più possibilità. In alcuni Paesi in via di sviluppo abbiamo visto che l’incidenza di alcuni tumori è molto bassa. Questo però non significa che in quei Paesi non ci siano tumori, ma banalmente potrebbe dipendere dalla mancanza di strumenti di diagnosi. Nel caso della mortalità, si deve tener conto anche di come viene riportata la causa di morte nei vari registri regionali. Ci sono alcune regioni che riportano dettagliatamente i dati e quindi si può fare una stima, mentre in altre questa causa non viene riportata perché la persona è deceduta senza che il tumore sia stato diagnosticato. Insomma ci potrebbe essere anche un bias nelle modalità di raccolta dati delle regioni.” 

Una sanità lenta potrebbe essere anche la causa di numeri più bassi nel sud?

“Anche se la prima cosa che ci viene in mente quando vediamo questo grafico è che in Calabria, non si muore di tumore, potrebbe non essere così. Ci potrebbero essere anche dei bias nell’assimilazione dei dati. La sanità è regionale. I dati non vengono riportati uniformemente in tutte le regioni. Dove la sanità funziona bene e paradossalmente potrebbe sembrare che ci sia un picco di mortalità.” 

L’aumento dei casi di tumore in Italia significa che la popolazione sta invecchiando, e quindi non muore in età più giovane di altre malattie?

“Sì. Come il cancro ci sono anche altre patologie croniche che stanno aumentando nella popolazione perché la popolazione sta diventando più anziana e quindi l’organismo ha il tempo di sviluppare altre malattie che nell’epoca pre-industrializzata, quando l’età media della popolazione era più bassa, non avevano tempo di manifestarsi.” 

È cambiato qualcosa con la pandemia?

“Sulla diagnosi, sicuramente sì, perché le persone hanno hanno interrotto gli screening. Sia perché le persone non volevano andare all’ospedale, sia perché gli ospedali erano impegnati a fronteggiare le emergenze e quindi meno medici erano a disposizione per gli screening oncologici. C’è stata una riduzione nelle diagnosi che si è recuperata negli anni successivi. L’impatto della riduzione degli screening si vede adesso che stiamo ricominciando a pieno regime a fare i controllo oncologici, e vengono diagnosticati tumori in stadi più avanzati, quindi più difficili da curare.” 

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