Paolo De Laura è il fondatore dell’associazione Anglad, centro per il trattamento delle dipendenze patologiche che lavora in sinergia con la Comunità di San Patrignano nei territori di Roma e del Lazio. De Laura si presenta così, portando sulle spalle 30 anni di professione e, soprattutto, 20 di strada. È stato un tossicomane, ma racconta anche di aver sempre ricevuto amore dalla sua famiglia, di aver studiato dai Gesuiti e di essersi occupato di restauro pittorico. Eppure, De Laura per 20 anni, come molti, è stato dipendente da eroina, cocaina, cannabis e molto altro. Perché, come denuncia a Lumsanews, le tossicodipendenze sono anche un “fenomeno transgenerazionale e transclassista”.
Le tossicodipendenze di oggi sono molto diverse da quelle di anni fa…
“Sì, esatto. La tossicodipendenza dei miei anni non ha nulla a che vedere con quella di adesso. Ai miei tempi c’era la considerazione della trasgressione, adesso, invece, sono tre i problemi principali: i default dei sistemi familiari dove circola poco amore, della scuola e del mondo del lavoro. Dunque, è un fenomeno transgenerazionale, andiamo dagli 11 ai 50 anni, e soprattutto transclassista. Da noi entrano sia il figlio del ricco borghese che quello del delinquente abituale o del tossico. Adesso iniziano ad arrivare i figli di gente della mia età che è stata tossicomane o che lo è ancora, purtroppo. Un bel melting pot di anime sofferenti”.
Quindi la componente di disagio sociale è un fattore che incide particolarmente?
“Abbastanza. La media del titolo di studio delle persone che vengono da noi è la licenza media, rari i diplomati e i laureati si contano sulla punta di una mano. E nella mia esperienza ho conosciuto ragazzi che non sono mai usciti dal loro quartiere, che non hanno mai visto il Foro Romano o piazza San Pietro e che vivono in una condizione di anaffettività e solitudine”.
L’intervento dello Stato sulle tossicodipenze è sufficiente?
“Molti, troppi governi hanno fatto dei tagli ai segmenti più importanti: la scuola e la sanità. La risposta che lo Stato dà alle dipendenze patologiche è il Ser.D. che, purtroppo, hanno avuto dei tagli devastanti all’organico. Si mettono a disposizione anche i DSM, i CSM e i Centri di Igiene Mentale laddove c’è la psichiatrizzazione del problema. Ma le tempistiche, ad esempio dei Ser.D. che sono sotto organico, sono biblici”.
Pensi che il fenomeno sia sottovalutato?
“C’è la voglia di non vedere. Oltretutto, è ormai stato sdoganato il concetto che drogarsi è lecito. Si parla di droghe leggere e pesanti, una grande presa in giro. Pensiamo ai negozi di cannabis light: la sostanza in vendita ha un tasso di THC (il principio attivo) a ridosso dello zero. Quindi si spendono anche 50 € per poi non “sentire” nulla, e alla fine si ritorna a comprare in piazza. Inoltre, questi negozi hanno ufficializzato il fatto che drogarsi è un momento ludico e di convivialità. Noi, come centro, siamo stati i primi in Italia a occuparci dell’universo minorile e negli ultimi sette anni abbiamo fatto una stima spaventosa di giovanissimi, sia ragazzi che ragazze, che con l’uso della sola cannabis (spesso combinata all’alcol) sono sconfinati in un problema psichiatrico. Con quella che qualcuno chiama droga leggera”.
Parlando dello spaccio, com’è cambiato il mercato?
“La differenza che c’è tra le piazze di spaccio romane a Prati, Balduina, Tor Bella Monaca, Tor Pignattara e Primavalle è una sola: che, ad esempio, in un quartiere come Primavalle il centro di spaccio, con le sentinelle e tutto il resto, è ben visibile, mentre in quartieri abbienti come Balduina o all’Eur il fenomeno è molto meno individuabile. Eppure, il fenomeno c’è e la droga è anche di qualità migliore. Invece, l’acquisto sul dark web delle sostanze stupefacenti, la trovo una inesattezza. Il tossicomane la droga la vuole vedere, toccare e assaggiare, per evitare di venire fregato e preferisce, dunque, andarsela ancora a comprare in piazza”.
Si fa ancora affidamento alle classiche piazze di spaccio…
“Sì, e non solo. Ai miei tempi si comprava al grammo. Il prezzo al grammo, ad esempio, di eroina e cocaina è rimasto sempre lo stesso, quindi dietro c’è solo la volgarità del business: 70, 80, 90 o 100 € al grammo. Ma, dal periodo post Covid-19, il mercato dello spaccio si è fatto furbo. Adesso, di crack, cocaina o eroina puoi trovare le buste da 5, 10, 15 €. Quindi, il ragazzo che chiede 5 € alla nonna e alla mamma può andare a farsi tranquillamente una busta di crack, cioè di cocaina cristallizzata con ammoniaca e bicarbonato, già pronta per essere consumata”.
In generale, vedi un quadro in peggioramento?
“Decisamente sì, in funzione anche del peggioramento della qualità delle sostanze in vendita. I ragazzi, oggi, arrivano a farsi di sostanze che sono tagliate veramente male. E poi, alla lunga, sconfinano anche in forme psicotiche”.