ROMA – Nuovi raid americani contro gli Houthi, questa volta contro i siti di lancio missilistici nello Yemen. Le azioni per fermare il gruppo ribelle yemenita di matrice sciita sostenuto dall’Iran e contrario a Israele non si fermano. Si tratta del quarto attacco in meno di una settimana da parte degli Usa, in risposta alle sempre più frequenti azioni di aggressione contro le navi nel mar Rosso. Il gruppo è sempre più influente nel conflitto in Medio Oriente e rischia di minare l’intera economia globale.
La presa di posizione
Il gruppo ha affermato di non avere intenzione di interrompere l’azione offensiva ma anzi di continuare ad attaccare le navi che transitano nel Mar Rosso, in segno di solidarietà ai palestinesi. Le loro intenzioni sono chiare: “È una guerra aperta e i nostri nemici dovranno sopportare attacchi e risposte sconvolgenti, potenti e schiaccianti”. Lo ha scritto su X il funzionario houthi Ali al-Qahoum, definendo gli attacchi di questa notte una “chiara insistenza su un comportamento ostile e criminale contro lo Yemen”.
La risposta internazionale
Intanto dai leader internazionali arrivano parole di sostegno per entrambe le fazioni. Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha dichiarato che Usa e Gran Bretagna dovrebbero fermare i raid nello Yemen perché “più americani e britannici bombardano e meno gli Houthi desiderano dialogare”. Una presa di posizione arriva anche da parte dell’Italia. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato di voler implementare la missione europea, che ha il fine di proteggere i traffici commerciali, con ulteriori navi italiane. L’iniziativa, che vede partecipi anche Francia e Germania, si affiancherà alla già presente operazione Atalanta. Il ministro Tajani auspica che la decisione possa essere già presa il prossimo lunedì, quando ci sarà la discussione al Consiglio Esteri, così che la missione “possa essere operativa il prima possibile”.
Il traffico nel canale di Suez
Intanto, nel canale di Suez, il traffico commerciale è più che dimezzato. La rotta che prima vedeva transitare più del 12% delle merci di tutto il mondo e il 40% di quelle da e per l’Italia, adesso è deserta e il rischio, in parte già concretizzato, è una crisi dell’intero commercio globale.