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Obama in trincea per convincere il mondo L’opinione pubblica contraria alla guerra

di Leonardo Rossi09 Settembre 2013
09 Settembre 2013

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Sono continuati anche questa domenica gli sforzi dell’amministrazione americana per cercare di convincere il mondo, soprattutto il mondo politico americano, della correttezza giuridica e morale dell’intervento militare contro Bashar el Assad. Ma la vera prova di Obama sarà convincere i deputati americani a non distruggere la credibilità politica della presidenza Usa: in effetti, un voto contrario alla decisione del Commander in chief, sarebbe politicamente devastante. L’offensiva mediatica del Presidente Obama prevede anche una serie di interviste, da dare durante la giornata di oggi, a sei delle maggiori reti americane. Intanto, la guerra d’immagini continua. I video che in questo momento stanno girando in rete, messi a disposizione dall’Amministrazione, non sono leggeri e mostrano le vittime del gas siriano durante le ultime fasi di vita tra convulsioni e spasmi atroci. Obama sembra sempre più isolato. Dopo il voto del parlamento inglese, che per la prima volta in questo secolo ha votato contro l’indirizzo del Primo Ministro in carica, per il Presidente le opzioni sono sempre più ridotte. Ormai, inchiodato dalle sue stesse parole sull’uso delle armi di distruzioni di massa, Obama è messo alle corde da altri elementi che complicano lo scenario. Il primo è il ritorno dalle vacanze dei deputati americani. Il contatto con i loro elettori, ostili all’ingresso delle truppe in un altro scenario bellico, ha fatto diventare anche i falchi, come l’ex candidato presidenziale, McCain, più flessibili circa l’uso delle armi. Un sondaggio della Gallup, pubblicato venerdì scorso, ha dimostrato che soltanto il 36% degli americani sarebbe favorevole a un intervento armato, contro il 51% della popolazione. Altro elemento di disturbo sono le date. A pochi giorni dall’11 settembre per il Presidente è davvero difficile poter dichiarare ufficialmente l’inizio del conflitto. Anche all’interno delle Nazioni Unite le perplessità sono molte. Proprio oggi l’alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha di nuovo rivolto un appello per negoziati che mettano fine al conflitto siriano, nella convinzione che una «risposta militare rischi di innescare una deflagrazione regionale». Nel discorso settimanale alla nazione, Barack Obama ha cercato di eliminare i dubbi sull’intervento. Ha voluto spiegare la necessità di una punizione da infliggere ad Assad, e ha voluto aggiungere che «non si tratterà di un altro Iraq». «Sappiamo – ha aggiunto – che il popolo americano è stanco della guerra, dopo un decennio è normale. Per questo non metteremo le nostre truppe in pericolo in un conflitto che non ci riguarda», «ogni azione che faremo – ha concluso – sarà limitata nel tempo, e ben definita nello scopo».  Intanto, il giornale tedesco Bild riporta dei dubbi dell’intelligence tedesca sulle responsabilità di Assad sull’uso del gas sarin. Sembra, infatti, che l’arma sia stata usata senza che fosse partito alcun ordine. Secondo gli 007 tedeschi, i generali siriani avrebbero richiesto più di una volta la possibilità di utilizzare le armi chimiche contro i civili e i ribelli, ma questa opzione sarebbe sempre stata rifiutata. Per ora, la BND, l’agenzia di intelligence tedesca, non rilascia dichiarazioni. Obama si muove con circospezione anche sul palcoscenico europeo. John Kerry, segretario di stato americano, sta conducendo un road show per cercare di convincere l’Europa della bontà delle azioni americane. Operazione tentata, ma riuscita male, dal Presidente stesso durante il G20 appena terminato. Il presidente francese Francois Hollande ha promesso di rivolgersi all’opinione pubblica del suo paese dopo il voto del Congresso e la pubblicazione del “rapporto degli ispettori” delle Nazioni Unite che hanno indagato sull’attacco del 21 agosto. Kerry ha sentenziato che «non si può essere spettatori silenziosi di questo massacro», aggiungendo che ora «non è il momento di permettere a un dittatore di agire indisturbato con delle armi di distruzioni di massa». Il Segretario si è anche incontrato, a Parigi, con i rappresentanti della Lega Araba; dopo l’incontro si è saputo che l’Arabia Saudita, fino a poco tempo fa fedele alleato della Siria di Assad, ha deciso di schierarsi dalla parte di un intervento militare.

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