Mariantonietta Fabbricatore è laureata in Medicina e Chirurgia, ha conseguito la Laurea Specialistica in Scienze della Nutrizione Umana e la specializzazione in Psicoterapia Cognitiva e Comportamentale. Attualmente insegna Psicoterapia del Comportamento, Disturbi Alimentari presso l’Università Europea di Roma. E’ socio della Società Italiana per lo Studio dell’Obesità, SIO, e della Società Italiana per lo Studio dei Disturbi del Comportamento Alimentare, SISDCA.
Che cosa si intende per ortoressia?
“L’ortoressia è un disturbo che è venuto alla ribalta negli ultimi anni ed è la tendenza a voler tenere un’alimentazione completamente sana e corretta. Attualmente non rientra nei Disturbi del Comportamento alimentare, ma sono in atto degli studi che stanno valutando la possibilità di inserirlo nella categoria. La definizione di ortoressia viene attribuita a Steven Bratman, dietologo statunitense, nel 1997. Si tratta di una tendenza all’alimentazione sana nata come bilanciamento al cibo spazzatura”.
Qual’è la differenza principale con i soggetti che soffrono di anoressia o bulimia?
“La principale differenza è la focalizzazione. L’obiettivo primario dell’ortoressico non è quello di perdere peso, ma di mangiare sano; dunque un concetto di tipo qualitativo e non quantitativo degli alimenti. Tuttavia, si è visto che alcune persone che hanno avuto un disturbo del comportamento alimentare hanno poi sviluppato un disturbo ortoressico, tuttavia, il peso dell’ortoressico non è mai basso”.
Ed è per questo che viene definito un comportamento “occulto”?
“Sì, perché inizialmente si manifesta in sordina, senza dare preoccupanti segnali. Il soggetto mostra uno stile di vita sano e apparentemente è in forma; tuttavia, piano piano per alcuni diventa un comportamento di tipo ossessivo, per cui mangiare bene diventa quasi un obbligo. Invade il repertorio comportamentale di questi soggetti che poi iniziano a sentirsi in colpa se non mangiano l’alimento prefissato. Nei casi più complessi c’è la tendenza all’isolamento sociale. E’ proprio in questo momento che si inizia a parlare di disturbo”.
Ci sono delle persone predisposte al comportamento ortoressico?
“Si per esempio persone che si occupano di alimentazione per lavoro o che si occupano del fitness. I soggetti maggiormente predisposti sono istruttori, personal trainer o ballerini. Sono soggetti che devono tenere uno stile di vita sano e non solo, propongono anche attraverso i social programmi alimentari autogestiti che potrebbero avere effetti negativi sul bacino di utenti che accedono a tali contenuti. Viene proposta un’alimentazione che, se non sottoposta alla supervisione di esperti, alla lunga potrebbe creare malnutrizione”.
C’è un rapporto tra il disturbo e i social media?
“Essendo un disturbo legato alla cultura occidentale, è cresciuto con il diffondersi della rete e dei social. Anche se i media non sono la causa primaria, influiscono direttamente perché i soggetti esposti a questa patologia hanno una insoddisfazione corporea e trovano tra i video social dei modelli corporei e alimentari di comportamento. In pratica abbiamo due tendenze ovvero l’ideale del corpo magro, da una parte e la tendenza, per il genere maschile, alla muscolarità di avere un corpo bello e prestante. Queste sono tendenze di soggetti che hanno un’insoddisfazione per il proprio corpo e, dunque, possono essere facilmente manipolati. Instagram è il social media con maggiore incidenza nello sviluppo dell’ortoressia per il grande uso delle immagini che alimentano nel soggetto la necessità di fare continui confronti tra le proprie dimensioni corporee e le dimensioni corporee dei modelli”.
Si è parlato anche di “spiritualità della cucina”. In cosa consiste?
“In questi tempi di insicurezza, dove sono venuti meno alcuni fattori di aggregazione, le persone ricercano un senso di appartenenza che mettono in correlazione con la spiritualità e la identificano nel seguire questo stile alimentare. Avendo questo tipo di atteggiamento nei confronti del cibo si sentono in una dimensione superiore a cui tendere e identificano questa spiritualità nel proprio stile di vita. In pratica, attraverso l’alimentazione e la cucina questi soggetti acquisiscono quasi un senso di superiorità rispetto a coloro che mangiano in maniera convenzionale”.