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Editoria, Iva sugli allegati dal 4% al 21%. E mentre gli edicolanti promettono battaglia, qualcuno s’inventa i saldi sui giornali

di Marcello Gelardini19 Luglio 2013
19 Luglio 2013

Edicolanti italiani di nuovo sul piede di guerra. Al centro del braccio di ferro con le istituzioni, stavolta, gadget e prodotti allegati ai giornali. La profonda crisi dell’intero sistema editoriale che, nel mese di febbraio, aveva già spinto la categoria a una dura protesta, seguita da una tre giorni di serrata, sembra così allargarsi di mese in mese. Il taglio delle tirature e il crollo delle vendite degli ultimi anni sta penalizzando soprattutto loro, i rivenditori; così, la vendita dei cosiddetti prodotti collaterali era diventata l’unica fonte di sostentamento per una categoria che, negli ultimi cinque anni, ha già perso 5mila unità.
Ora la mano del governo si abbatte come una scure proprio sugli edicolanti; se venisse convertito in legge un decreto approvato dall’esecutivo alla fine di giugno, verrebbe innalzata l’Iva su libri, cd, riviste e dvd abbinati a quotidiani e periodici (fino ad oggi agevolata al 4%) e portata a quota 21%. Un aumento del 500% che le associazioni di categoria definiscono “letale” per la sopravvivenza di chioschi e negozi di giornali. «Se passa quella norma chiuderanno 3mila edicole in 6 mesi», tuonano dal sindacato. Si stima, infatti, che se passasse l’aumento si assisterebbe in breve tempo a una riduzione del 35% sulle vendite complessive. Così, se nel 2012, hanno abbassato la saracinesca circa 5 edicole al giorno, il prossimo anno potremmo trovarci di fronte a un quadro ben più drammatico. Proprio per questo, per sensibilizzare l’opinione pubblica, i giornalai hanno lanciato un accorato appello a governo e parlamento acquistando una pagina del Corriere della Sera di sabato scorso.
Il problema è sistemico: il web ha tolto una fetta importante di clientela alle edicole, in molti piccoli Comuni le rivendite non esistono già da tempo (in alcuni casi la prima edicola si trova a kilometri di distanza); con un iniziativa del genere rischierebbero grosso anche gli esercenti ancora in salute. Se otto anni fa erano 43mila, ora siamo a 30mila e domani chissà. Il governo vorrebbe ricavare 100 milioni di euro da quest’operazione; per i sindacati, più realisticamente, riuscirebbe a rastrellarne appena la metà: l’aumento dell’Iva porterebbe, infatti, a un’inevitabile levitazione del prezzo di copertina e ad una, conseguente, nuova sforbiciata alle vendite. E mentre la commissione Cultura del Senato ha già dato un primo parere negativo all’articolo 19 del decreto (quello contente le disposizioni sull’Iva), il sottosegretario all’editoria Legnini sembra disposto ad aprire un tavolo di trattative per ragionare sulla riforma della catena editoriale; ma è ancora presto per dire se le intenzioni si tradurranno in atti concreti.
Nel frattempo, comunque, qualcuno non perde tempo e si adegua di conseguenza: come, ad esempio, vendere i giornali “in saldo”. È l’iniziativa di un edicolante di Castellamare di Stabia, immortalata in una foto scattata dall’editorialista del Corriere della Sera, Antonio Polito. Nel cartello si legge: «Sconti del 10% su tutti i quotidiani, periodici, mensili»; chissà che non sia proprio questa la strada maestra per uscire dalle sabbie mobili della crisi. Sarà la proverbiale inventiva partenopea a salvare la categoria?

Marcello Gelardini

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