Quali potrebbero essere i rischi della riforma costituzionale alla quale sta lavorando il governo? L’ha spiegato a Lumsanews il politologo e costituzionalista Stefano Ceccanti, docente ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università La Sapienza di Roma.
Professor Ceccanti, ancora non disponiamo di un testo. Che cosa è possibile osservare fin da ora?
“A mio parere, nell’ottica del premierato, si dovrebbe avere prima un’indicazione formalizzata dei vari candidati di partito o di schieramento alla Presidenza del Consiglio e non un’elezione diretta immediatamente operativa. In una democrazia parlamentare, infatti, è bene che quando si vota ci sia un risultato chiaro e gli elettori possano indicare anche il presidente del Consiglio dei ministri. Tuttavia, mentre un’indicazione consente poi di avere un certo margine di flessibilità nel corso della legislatura – per cui possono essere apportati cambiamenti qualora siano necessari – l’elezione diretta porterebbe con sé l’inamovibilità di chi è eletto direttamente. Sarebbe un sistema troppo rigido”.
Quale potrebbe essere uno dei modi corretti di procedere?
“Io valuterò il testo sulla base della sua rispondenza alle norme costituzionali tedesche che, a mio parere, sono le più ragionevoli. Sono quattro gli articoli chiave della Costituzione tedesca che potremmo riprodurre nel nostro ordinamento. L’articolo 63 che stabilisce che la fiducia al presidente del Consiglio venga conferita da una sola Camera: in questo modo si evita che il governo dipenda da due camere diverse e si dà maggior rilievo al presidente del Consiglio”.
Questo implicherebbe il venir meno del sistema di bicameralismo perfetto.
“Certo, potremmo unificare le due Camere avendone una sola da 600 membri invece che due da 400. L’articolo 64 della Costituzione tedesca poi stabilisce che il presidente del Consiglio possa proporre al presidente della Repubblica non solo la nomina dei ministri, ma anche la loro revoca. In caso contrario per cambiare un ministro la maggioranza è costretta a presentare una mozione di sfiducia individuale verso un suo ministro. L’articolo 67 prevede, invece, la mozione di sfiducia costruttiva secondo la quale per sostituire il presidente del Consiglio è necessario proporne un altro con la maggioranza assoluta dei componenti che converge su quel nome, mentre l’insediamento del presidente del Consiglio potrebbe avvenire anche a maggioranza relativa”.
La maggioranza però sembra per il momento orientata in un altro senso.
“Sì, la maggioranza di governo ipotizza, al momento, un sistema in cui per cambiare il presidente del Consiglio sia necessario l’accordo di praticamente tutta la maggioranza. A differenza di quanto accade in Germania in cui la maggioranza assoluta può anche cambiare, vorrebbero blindare la maggioranza parlamentare che esce dalle urne. Il che avrebbe l’effetto paradossale di indebolire il presidente del Consiglio, seppur eletto direttamente. A quel punto, infatti, basta che un pezzo della maggioranza uscente non voglia fare un altro governo perché questa determini una crisi di governo, se non addirittura la fine della legislatura. L’articolo 68 della Costituzione tedesca, infine, stabilisce che se il presidente del Consiglio perde sulla questione di fiducia può andare dal Presidente della Repubblica per chiedere lo scioglimento che è accordato se, entro pochi giorni, il Parlamento non è in grado di eleggere qualcun altro a maggioranza assoluta. Si tratta di una soluzione equilibrata che mantiene i ruoli sia del capo dello Stato sia del Parlamento. Se la maggioranza di governo presentasse un disegno analogo a quello tedesco insieme a una legge elettorale con un impianto più maggioritario, farebbe bene.”
Secondo quelle che al momento sembrano essere le intenzioni della maggioranza, non si corre il rischio di ridimensionare la figura del presidente della Repubblica a scapito delle garanzie e degli equilibri costituzionali?
“Se si crea un sistema di rigidi automatismi è chiaro che la possibilità di influenza del presidente della Repubblica venga drasticamente ridotta. Questo mi sembra uno dei punti critici delle proposte ipotizzate dalla maggioranza di governo in questi giorni. Paradossalmente, infatti, si rischierebbe di creare un sistema in cui i poteri del capo dello Stato vengono compressi sulla base di automatismi, senza che questo, tuttavia, vada a determinare una maggior forza del presidente del Consiglio. Quest’ultimo, infatti, pur essendo eletto direttamente, sarebbe più debole di quanto lo è adesso, in quanto soggetto al potere di ogni singola parte della maggioranza uscente potrebbe determinare non solo la caduta di un governo – come accade adesso -, ma anche la fine della legislatura”.