La “carne sintetica” è dannosa per l’uomo o è un’opportunità a livello economico e ambientale? Sarà un elemento chiave per la risoluzione dei problemi legati all’impatto che l’industria della carne porta con sé? Questi sono alcuni dei dubbi sul tema, controverso, della carne coltivata (o colturale). E mentre molti Paesi osservano con attenzione il fenomeno, studiano le prospettive future e si preparano per non farsi cogliere impreparati, il governo italiano ha già le idee chiare e ne vieta la produzione.
La posizione del governo e di Coldiretti
“L’Italia è la prima nazione al mondo a dire no” alla carne coltivata. Parola del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che – insieme al ministro della Salute Orazio Schillaci – ha proposto, nel marzo del 2023, il disegno di legge contro la carne coltivata. Una decisione netta che si basa sul principio di precauzione. Il provvedimento – in sostanza – vieta la produzione, la consumazione e il commercio di cibi e mangimi sintetici.
Una posizione ampiamente sostenuta anche da Coldiretti. Con un “volantino” – diffuso online – anche la maggiore associazione di rappresentanza dell’agricoltura italiana dice “no” alla produzione di questo nuovo cibo. Secondo Coldiretti la carne coltivata sarebbe “un prodotto rischioso per la salute umana perché – spiega Riccardo Fargione, esponente di Coldiretti – questi prodotti di laboratorio sono realizzati con un mix di ingredienti e di fattori esogeni di crescita di dubbia sicurezza per la salute umana”.
Non la pensa allo stesso modo l’opposizione. Parlando con Lumsanews, Alessandro Caramiello – deputato e capogruppo del Movimento 5 Stelle nella XIII Commissione Agricoltura – definisce il provvedimento “una decisione da Medioevo” con cui il governo “sta ponendo un freno all’innovazione e alla ricerca pubblica”.
Le diverse posizioni scientifiche sulla carne coltivata
La carne colturale è il risultato di un processo di coltivazione cellulare – spiega la biotecnologa Nike Schiavo – svolto in laboratorio su cellule animali staminali. Si tratta di cellule che possono generare una grande varietà di tessuti animali.
“Tra i vantaggi – aggiunge Schiavo – le analisi di sostenibilità sono abbastanza uniformi nell’indicare la carne coltivata come prodotto più sostenibile”. La produzione di carne coltivata permetterebbe anche una limitazione degli allevamenti intensivi, responsabili – secondo i dati della European Environment Agency – di circa il 65% di queste emissioni. Inoltre, il 44% delle emissioni del bestiame sono sotto forma di metano.
Tuttavia, non si ha al momento una risposta per dire se la carne coltivata sarà un prodotto accessibile a tutti. Secondo varie analisi di società come McKinsey e Barclays, il giro d’affari della carne sintetica potrebbe arrivare a valere sino a 450 miliardi di dollari nel 2040, ossia il 20% del mercato globale della carne.
La decisione del governo – secondo Schiavo – avrà delle conseguenze sulla ricerca e, se non dovesse essere pubblica, la tecnologia rischierebbe di rimanere solo in mano a chi ha i mezzi e i soldi per svilupparla.
A ogni modo, la carne coltivata dovrà prima dimostrare di non essere dannosa per la salute e per farlo dovrà superare tutte le verifiche necessarie per l’approvazione da parte dall’Efsa, l’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare.
Esistono, tuttavia, anche studi scientifici che sostengono la nocività di questo cibo. Secondo il report pubblicato da Food & Water Watch – una Ong con oltre tre milioni di sostenitori – durante la lavorazione vengono utilizzati altri materiali pericolosi, dai materiali per impalcature su cui le cellule proliferano ai prodotti chimici disinfettanti, che possono anche lasciare residui nel prodotto finale.
La questione legata alla terminologia
Carne coltivata, carne colturale, carne in vitro. Sono tante le denominazioni con cui si fa riferimento alla carne a base cellulare prodotta in laboratorio. Fra tutte ha però preso piede forse quella meno precisa dal punto di vista scientifico, ovvero l’espressione “carne sintetica”.
“Per sintetico si intende un qualcosa ottenuto per sintesi chimica”, spiega ancora la biotecnologa. “La carne coltivata deriva invece da un processo di coltivazione delle cellule ed è un processo biologico”. Anche la FAO – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – si è espressa sul tema, cruciale, della terminologia. In un report intitolato “Aspetti di sicurezza alimentare degli alimenti a base cellulare” vengono indicate le terminologie utilizzate in ambito di ricerca. A pagina 7 dello studio si evince che la comunità scientifica utilizza varie denominazioni, dove quella “sintetica” risulta molto poco utilizzata, mentre il termine più usato in ambito scientifico è “cultured” (sinonimo di “coltivata“).
Ma come viene presentato al grande pubblico il tema della carne sintetica? Secondo Massimo Cerofolini – giornalista e conduttore radiofonico per Rai Radio 1 – in Italia “la linea intrapresa da Coldiretti è molto aggressiva e si basa su un’operazione di lobbying sulle testate giornalistiche”. La carne coltivata, in Italia, non ha una buona reputazione, soprattutto a causa dei termini con cui viene presentata: si parla di “carne Frankenstein” o di carne prodotta in bioreattori di cellule impazzite. I bioreattori, tuttavia, hanno semplicemente la funzione di favorire lo scambio di gas. La pratica della “fermentazione di precisione” – come spiega l’EFSA – viene utilizzata già da anni nella produzione casearia o per produrre farmaci come l’insulina ed enzimi alimentari. Intanto, sul “volantino” di Coldiretti vi è una narrazione grafica con protagonisti dei chimici in laboratorio che armeggiano provette e becher e che indossano maschere antigas.
Cosa sta accadendo nel resto del mondo?
Negli Stati Uniti la produzione di carne coltivata ha ricevuto le prime autorizzazioni. La Food and Drug Administration – l’agenzia federale che si occupa di regolamentare farmaci, terapie e prodotti alimentari – ha ritenuto sicuro per l’essere umano la consumazione di carne coltivata prodotta da due startup: Good Meat e Upside Foods. Ma il primo Paese al mondo ad aver dato l’ok alla vendita di carne coltivata è stato Singapore. In molte nazioni il fenomeno è stato accolto con favore, in particolar modo dalla fascia più giovane. Ora non resta che attendere il parere definitivo delle autorità alimentari europee.