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HomeEsteri Padre Romanelli: “Il Santo Padre mi ha chiamato per manifestare la sua vicinanza”

"La parrocchia è diventata
come un campo profughi
La situazione è drammatica"

Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza

"Il Papa mi ha chiamato e prega per noi"

di Sofiya Ruda10 Ottobre 2023
10 Ottobre 2023
Padre Gabriel Romanelli

Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza

La testimonianza a Lumsanews di padre Gabriel Romanelli, rimasto bloccato a Betlemme. I fedeli della sua comunità si trovano nella Striscia di Gaza. Parroco della Sacra Famiglia, l’unica parrocchia latina di Gaza, ieri ha ricevuto una telefonata da Papa Francesco che ha pregato per lui e la sua comunità.

Padre, dove si trova al momento?

“Io mi trovo a Betlemme fuori dalla parrocchia. Sono stato bloccato perché ero andato a prendere un medicinale per una nostra consorella. Improvvisamente è scoppiata questa tragedia e ora le strade sono tutte chiuse ed è impossibile per me tornare a Gaza. Non entra e non esce nessuno, non ci sono nemmeno i corridoi umanitari, la situazione è molto brutta. Vivo in Medio Oriente da 28 anni e, mettendo un attimo da parte gli eventi terribili in Iraq e Siria che hanno avuto una dimensione colossale, non ho mai visto quello che sta succedendo ora nella regione della terra Santa tra Palestina e Israele, è molto grave.”

Quante persone vivono nella Striscia di Gaza?

“Circa 2 milioni e 300mila persone e nessuno è al sicuro. Nella mia parrocchia vivono più di 130 persone e ne stanno arrivando altri. Tutti si trovano nella Striscia e nessuno può uscire. Ho parlato con il mio vicario padre Youssef che abita lì e adesso è andato a cercare un malato che si trova nella sua casa e lo porterà nella nostra parrocchia.”

parrocchia gaza

L’accoglienza dei profughi nella parrocchia di Gaza

Qual è la situazione nella parrocchia?

“La parrocchia ora è diventata un campo profughi. Io avevo qualche sensazione, pensavo che qualcosa sarebbe arrivato. Un paio di mesi fa avevamo cominciato i preparativi, però quello che è successo è fuori ogni misura. Offriamo dei materassi per le persone, almeno per farle dormire, e cibo e acqua. Padre Youssef e le nostre consorelle hanno fatto un programma, per esempio alle 8 si celebra la messa quotidiana. Cerchiamo di non usare tanto il generatore perché stiamo razionando il combustibile e quindi lo usiamo soltanto circa due ore al giorno per ricaricare tutte le batterie. Non è facile, alcuni rifugiati hanno perso le loro case, alcune sono molto danneggiate. La situazione era già drammatica prima di tutti questi avvenimenti. Ci sono stati quasi 700 morti in tre giorni tra i quali 140 sono bambini. E sono più di 3mila i feriti, tra cui, secondo il Ministero della Salute della Palestina, il 10% sono bambini. Quindi la situazione è veramente drammatica.”

padre Youssef

Padre Youssef celebra la messa

La tensione nella zona da anni è sempre alta. Nonostante ciò, quello che è successo sabato 7 ottobre non se lo aspettava nessuno?

“No, così non se lo aspettava nessuno. Io, come ho detto, sentivo che sarebbe accaduto qualcosa, ma erano solo dei sentimenti, qualcosa nell’aria, non c’era nessuna informazione ufficiale. Però mai, per esempio, avrei immaginato che avrebbero lanciato tutti quei colpi nei dintorni di Gaza. È veramente una cosa gravissima per tutta la popolazione civile. So che sembra una pazzia, ma non è impossibile che si fermino per non provocare più morte.”

Papa Francesco ha lanciato un appello all’Angelus di domenica per invocare la pace. Verrà accolto?

“Speriamo che l’appello del Papa venga accolto. Ieri il Santo Padre mi ha chiamato per manifestare la sua vicinanza e la sua preghiera per me, per i nostri missionari, le persone che si trovano nella Striscia, per i parrocchiani e per tutti. L’ho ringraziato per il suo appello per il cessate il fuoco e speriamo che le sue preghiere vengano accolte.”

Papa Francesco

L’appello di Papa Francesco all’Angelus | Foto Ansa

Ha notizie dei numerosi pellegrini che sono rimasti bloccati in Terra Santa?

“Non saprei dirlo con certezza. Ma la Terra Santa in questo anno è strapiena. Mi pare che tanti sono riusciti a partire e continuano a farlo, alcuni si trovano negli alberghi e stanno cercando di andare fuori, ma è difficile perché sono pochissime le linee aree che hanno servizio a e da Tel Aviv. So che a Gerusalemme le strade sono vuote, non si vede quasi nessuno ed è tutto bloccato. Ieri hanno aperto un po’ il valico tra Betlemme e Gerusalemme almeno per gli stranieri, però per esempio adesso un’ora fa è arrivato l’avviso che anche la frontiera con la Giordania era chiusa in quel momento e che la fornitura di carburante era bloccata.”

Quali potrebbero essere le vie del dialogo?

“Tutta la regione è sconvolta. Speriamo che gli agenti internazionali vogliano veramente fare qualcosa e porre uno stop, assieme a tutti i responsabili per fermare questa guerra quanto prima. Di modo che il danno sia il più ridotto possibile e per dare tempo a chi ha subito dei lutti di piangere i morti e che le persone private della libertà da una parte e dell’altra del muro possano riunirsi con i loro cari. Per dare la possibilità di curare i feriti e per ricostruire sia le cose esterne sia le ferite interne, come la sfiducia e l’odio. Tutto ciò sarà difficile ma non impossibile.”

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