Veri e propri monumenti diventati un simbolo dell’altra faccia del degrado di Roma. Sono gli impianti sportivi totalmente o parzialmente abbandonati. Il Comune ne ha calcolati 14 su 119, il quindici per cento del totale.
I grandi eventi sportivi possono essere un punto di ripartenza sia per dare nuova vita agli stadi e alle strutture sportive abbandonate sia per promuovere lo sviluppo e la crescita socio-economica del territorio.
Punti di partenza per un rilancio che stenta a decollare, nonostante le promesse. Naufragata la candidatura di Roma alle Olimpiadi 2024, lo scorso anno è stata bocciata anche la proposta di tenere nella Capitale i Giochi del 2036. Occasioni perse, per un rilancio che guarda al prossimo Giubileo.
Lo scorso anno il Campidoglio ha stilato un elenco degli impianti sportivi che entro i prossimi tre anni saranno ristrutturati con 22,5 milioni di euro che provengono dal bando “Sport e Inclusione Sociale”, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, il Pnrr.
Non tutto, però, sembra procedere come si deve. Per quanto i fondi risultino già da tempo assegnati, le procedure di riqualificazione sono attualmente rallentate dalla burocrazia e dalle divergenze di vedute. In alcuni casi, come per lo Stadio Flaminio, poi, non si è ancora deciso che cosa fare.
Lo stadio Flaminio, gigante abbandonato
Lo stadio Flaminio – capolavoro dell’architettura progettato nel 1959 da Pier Luigi e Antonio Nervi – è uno degli esempi più evidenti del degrado. Dalla leggenda al declino. Celebri i concerti di Bruce Springsteen, Michael Jackson, David Bowie, Pink Floyd e U2. Memorabile la vittoria dell’Italrugby nel 2011 contro la Francia al Sei Nazioni. Dopo le saltuarie parentesi di Roma e Lazio, le ultime competizioni sono stati i playoff dell’Atletico Roma, che nel primo decennio del secolo proprio lì ha sfiorato la promozione in Serie B. Ecco quindi il triste epilogo del Flaminio, un impianto glorioso oggi abbandonato in uno stato di incuria e più volte anche vandalizzato.
Nessuno tra i vari progetti di recupero ipotizzati in passato è mai andato in porto. L’architetto Mauro Schiavone – che nel 2014 è stato coinvolto dal Comune di Roma nella realizzazione di uno studio di fattibilità sul recupero del Flaminio – ricorda a Lumsanews che sotto la struttura ci sono i resti archeologici di una domus romana. “Per questo motivo – spiega – avevamo pensato di progettare una sorta di archeo-stadio (dopo il parere positivo della Soprintendenza) per proteggere proprio i reperti trovati sotto l’impianto”.
A oggi, però, non se n’è fatto nulla. Il Campidoglio, anzi, si trova di fronte a un dilemma: demolire la struttura per ricostruirla, in presenza di fondi, oppure ristrutturarlo. Contrario alla demolizione è Schiavone, che sostiene con forza la riqualificazione dello stadio in quattro tappe.
Dello stesso parere è Ferdinando Bonessio, presidente della commissione Sport di Roma Capitale, che intende rendere l’impianto “polisportivo”, integrando al suo interno più discipline.
Calatrava e la sua Vela incompiuta
Una svolta forse è in arrivo per la celebre Vela nella zona di Tor Vergata, destinata a essere lo stadio del nuoto della Capitale. Abbandonata, mai completata e ormai fatiscente, progettata in occasione dei Mondiali di Nuoto di Roma del 2009. La paternità del progetto è dell’archistar spagnola Santiago Calatrava.
La struttura, dopo 16 anni, potrebbe essere completata in vista del prossimo Giubileo del 2025. L’amministrazione capitolina, infatti, ha stanziato 70 milioni di euro per il recupero e il completamento dell’intera area. A oggi la riapertura del cantiere – prevista inizialmente per giugno 2023 – è slittata a questo autunno. Per ora meno del 50% del progetto iniziale è stato realizzato. A risultare completata è soltanto la vela a “pinna di squalo”, da cui prende il nome.
Questi ritardi, secondo Schiavone, dipendono dal fatto che ci sono state poche valutazioni oggettive sull’economicità della struttura. “Un esempio è l’impianto di riscaldamento. Considerando la grandezza della struttura, non si è stimato che lo stesso sistema avrebbe potuto arrecare un notevole aggravio di costi energetici per chi avesse poi preso in gestione l’impianto”, ha spiegato l’architetto.
Il rilancio che passa attraverso gli eventi
Rilanciare le strutture richiede fondi e investimenti. Ne è convinto l’assessore allo sport, Alessandro Onorato, che recentemente ha detto: “Un vero e proprio colpo mortale” per Roma è stato “il no alle Olimpiadi del 2024, che ci avrebbero dato le infrastrutture che mancano”. Secondo Onorato sarà possibile recuperare “grazie al Giubileo, quindi grazie ai grandi eventi”, che possono portare investimenti per completare le opere non concluse. Come, appunto, “la Vela di Calatrava, che potrebbe diventare un grande palazzetto”, ha spiegato l’assessore allo Sport, intervistato da Teleambiente.
Ma anche gli investimenti da soli non bastano. Secondo Bonessio, infatti, è stato un errore affidare la gestione delle strutture sportive a Roma Capitale. “Abbiamo in città impianti che sono l’eredità delle Olimpiadi di Roma del 1960″, allora assegnati al Coni, una struttura finanziata dallo Stato. A metà anni Novanta sono tornati a Roma Capitale, senza però che si compisse un’analisi di tutti i costi che è necessario affrontare, sul piano della manutenzione, per garantire la prosecuzione delle attività sportive”, ha spiegato Bonessio in un’intervista a RomaToday.
Il rilancio, quindi, passa attraverso grandi eventi e finanziamenti, ma richiede anche una gestione oculata. È questa la vera condizione per riportare in vita gli impianti abbandonati di Roma.