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Galeotto fu il look: condannato a 4 anni il “truzzo” che aggredì l’ “emo” in piazza del Popolo

di Giulia Di Stefano11 Luglio 2013
11 Luglio 2013

Il volto massacrato sotto quel ciuffo nero di capelli lisci da “emo”. Lite fra adolescenti appartenenti a due culture giovanili diverse, il pestaggio è avvenuto nell’estate del 2009 in pieno centro a Roma, di fronte alle chiese gemelle di piazza del Popolo. Un diciannovenne, appartenente al gruppo dei “truzzi”, picchiò il quindicenne dell’opposta “tribù” con un tirapugni di acciaio. Ora è arrivata la condanna per il giovane aggressore, che durante l’intero svolgimento del processo non ha mai ammesso la sua colpevolezza: 4 anni di reclusione per lesioni aggravate dai futili motivi e dall’uso delle armi e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici, come richiesto dall’accusa.
Provocazioni finite male. E’ un tardo pomeriggio di fine agosto, alcuni gruppi di giovani fanno la spola tra via del Corso e piazza del Popolo e l’incontro tra di loro si tramuta in uno scontro. “Ma sei maschio o femmina?”, una ragazza del gruppo dei “truzzi” provoca uno degli “emo”.
Il quindicenne difende l’amico, le risponde di lasciarli stare e la situazione degenera: il diciannovenne ora agli arresti trascina allora il giovane della “tribù” rivale qualche metro più in là e lo picchia con un tirapugni. Lasciato a terra con il volto coperto di sangue, l’adolescente sarà trasportato all’ospedale pediatrico Bambino Gesù e subirà più di un intervento per ricostruire le fratture multiple agli zigomi e alla mascella. L’aggressore è stato poi rintracciato dalla stessa vittima, tramite Facebook, dopo alcuni mesi.
“Emo” e “truzzi”. Questione di stile, di atteggiamenti, di gusti musicali e qui ci dovremmo fermare. Perché la contrapposizione tra i cosiddetti “emo” (abbreviazione dell’aggettivo inglese “emotional”) e i “truzzi”, quelli che a Roma sono anche definiti “coatti”, è solo la conseguenza di due look diversi, cui i giovani di oggi fanno riferimento in cerca d’identità o per spirito di appartenenza alla comitiva. Mentre gli emo si vestono di nero, con pantaloni attillati e capelli scuri lisci che coprono il volto ed ascoltano una musica punk rock melodica (una sorta di versione ingentilita e sentimentale dei più conosciuti metallari), i truzzi scelgono i colori accesi e i vestiti griffati, i capelli rasati e il cappellino da baseball, e sentono per lo più musica house.
Ma, a ben guardare, ciò che hanno in comune questi due gruppi di subcultura giovanile è molto più di quello che emerge dagli atteggiamenti esteriori contrapposti: la cura nel dettaglio del proprio abbigliamento, la voglia di sentirsi parte di una comunità e di sfilare per le vie del centro, fieri del proprio look. E, possibilmente, senza la paura di essere aggrediti a suon di pugni.
Giulia Di Stefano

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