La Marina militare manderà in pensione 51 delle 60 navi attuali e ne entreranno in funzione solo 11. «Dal 2025, praticamente, la Marina acesserà di essere una forza operativa». È l’allarme lanciato dal capo di Stato Maggiore della Marina militare, ammiraglio Giuseppe De Giorgi, secondo il quale con la perdita di queste unità non sarebbero più garantiti gli «interessi marittimi nazionali». Secondo uno studio di “Archivio Disarmo” le cose non stanno proprio così. Il dossier si intitola “La spesa militare in Italia” ed è relativo al 2013. Nel rapporto viene calcolata una spesa pari a 250 milioni a nave, per un totale di 3 miliardi. Si tratterebbe di navi dual use, utilizzabili per far fronte a catastrofi naturali, e nello stesso tempo ogni mezzo ospiterebbe al suo interno una «centrale di controllo e armamenti come missili e siluri», per rispondere a minacce come il terrorismo internazionale o come le armi di distruzione di massa. Ma secondo il dossier di “Archivio Disarmo” «sarebbe più opportuno impostare modelli di difesa capaci di gestire le emergenze, e i rischi con strumenti alternativi e meno pericolosi» piuttosto che aumentare il numero di armi in circolazione.
Capitolo a parte è il programma F-35 Joint Strike Fighter. Lo studio prova a dare un’idea sulle voci di spesa della Difesa, a proposito della legge, voluta a fine legislatura dall’ex ministro Di Paola, sull’acquisto di nuovi caccia per l’aeronautica. I costi per questi velivoli, che in origine dovevano essere 131 e sono stati invece ridotti a 90, ammontano a 127 milioni di euro per unità; nonostante la diminuzione del numero previsto all’inizio, le risorse economiche necessarie per completare il rinnovo della flotta, sono di gran lunga superiori alle stime originarie, cioè quando il progetto F-35 è partito. Secondo “Archivio Disarmo” i nuovi aerei militari non porterebbero poi alcun beneficio in termini di incremento dell’occupazione. Dei 10 mila posti di lavoro annunciati, secondo fonti sindacali, ne rimarrebbero appena 1500.
Ma per il ministro Mauro i caccia non sono uno “sfizio”. «Faremo incontri con le commissioni congiunte di Camera e Senato e discuteremo ogni aspetto – spiega il ministro – Sottolineo che si tratta di un programma, frutto dell’intuizione dell’allora ministro della Difesa Andreatta, che a regime vedrà circa 90 velivoli che ne andranno a sostituire più di 250 oggi in linea. Inoltre, è un programma che abbiamo perseguito per circa 20 anni e bisogna severamente interrogarsi, senza pregiudizi dall’una e dell’altra parte, se valga la pena disperdere questo patrimonio di conoscenze».
Annalisa Cangemi