Un disavanzo pubblico poco sotto il 3% non garantisce la sostenibilità del debito pubblico italiano. Lo ha dichiarato Lorenzo Bini Smaghi, presidente di Snam e già componente del Comitato esecutivo della Bce, alla presentazione del Rapporto Europa del Cer; sempre lui ha affermato come la composizione della politica fiscale italiana «è deleteria per la crescita come ci dicono tutti nel mondo ma noi insistiamo».
Bini Smaghi ha continuato dicendo che: «Un paese che non sceglie di fare riforme strutturali ma pensa a fare più spesa non si pone il problema della sostenibilità del debito nel medio periodo».
L’economista ha ricordato che il limite del 3% nel rapporto deficit-Pil era stato pensato in un’epoca di crescita al 3% per riportare il rapporto debito/pil verso l’obiettivo del 60%; ma oggi con un contesto molto diverso «bisogna stare sotto l’1% del deficit se si vuole la sostenibilità e la stabilizzazione del debito», quindi bisogna essere ancora più rigidi.
La situazione si va complicando se si analizza il timore della reazione dei mercati di fronte all’eventuale emissione di debito aggiuntivo, paura che frena lo Stato dal pagamento immediato dei debiti della Pa.
Riguardo il saldo dei debiti della Pa «non è l’Europa che ce lo impedisce – dice Smaghi – ma la paura di emettere 80 miliardi di debito in più per la reazione dei mercati che non capirebbero se si tratta di un evento una tantum».
Secondo Bini Smaghi manca all’Italia «un percorso credibile di medio periodo di riforme strutturali e di risanamento sostenibile del debito attraverso le spese e non le imposte». Se questo ci fosse, è il ragionamento fatto dall’economista sarebbe più facile convincere i mercati che l’aumento del debito per pagare i debiti della Pa è l’ultimo di una serie e che il rapporto debito/pil riprenderà con certezza la strada in discesa.
Bini Smaghi ha voluto pronunciarsi riguardo l’accordo raggiunto dai paesi europei sul meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie che «è pericoloso per l’Italia» e altri Stati: perché contiene degli automatismi sul coinvolgimento dei creditori a copertura delle perdite delle banche che in una situazione di crisi sistemica possono «scatenare il panico» ha affermato al convegno. «Così com’è – ha detto – questo meccanismo rischia di favorire il contagio invece che ridurlo».
Secondo quanto concordato, si può far ricorso ai sistemi di supporto Ue «solo se i creditori pagano una parte. Questo può esser giusto quando una banca è stata ridotta male, perché non è possibile che il contribuente paghi sempre il conto. Ma poi ci sono anche altre situazioni, come quelle sistemiche, ad esempio quella che si è verificata dopo il crack di Lehman Brothers negli Usa – ha proseguito Bini Smaghi – in cui il coinvolgimento automatico dei creditori crea il panico».
Guardando all’Italia, se si creasse un generale timore attorno alle banche, una operazione come quella fatta negli Usa post Lehman, per evitare situazioni di sottocapitalizzazione non si potrebbe fare con questo meccanismo Ue. «Perché c’è la clausola di bail-in che farebbe scappare tutti», ha concluso Bini Smaghi.
Leonardo Rossi