Parisa Nazari, attivista di origine iraniana, si è laureata all’Università degli Studi “La Sapienza” di Roma. Da mediatrice culturale ha compreso l’importanza del dar voce alle donne che nel suo Paese non l’avevano. Così ha intrapreso la strada dell’attivismo.
Si è fatta un’idea sugli avvelenamenti, pensa che ci possa essere il regime dietro queste azioni?
“Ovviamente è molto difficile formulare delle ipotesi: non ci sono delle indagini in corso. Ma anche se ci fossero non sarebbero mai trasparenti. Basti pensare che se delle ragazze ballano per strada oppure pubblicano dei contenuti critici nei confronti del regime vengono prontamente identificate e arrestate in pochissime ore. Nella migliore ipotesi, possiamo dire c’è stata una negligenza, una forma di omertà nei confronti delle persone che hanno compiuto queste azioni”.
Il regime è rimasto vago e ha proposto giustificazioni poco convincenti, che ne pensa?
“Per mesi e mesi ci sono state tantissime manifestazioni per strada e il regime ha dato giustificazioni piuttosto confuse, mettendo in discussione l’esistenza degli stessi attacchi. Si è pensato a episodi di stress. E questo agli iraniani non è sfuggito. Ecco perché ci sono state moltissime azioni di dissenso da parte di tutta la società che denunciava questa forma di omertà. Non sono state prese sul serio neppure le denunce delle famiglie”
Il regime ha parlato di gruppi “esterni” al sistema, cosa pensa?
“Se ci fosse stato un attacco straniero dell’opposizione o degli Stati Uniti, l’apparato di intelligence iraniano si sarebbe dato molto da fare per fermarli, invece non ha fatto nulla per fermare questo attacco, così se ci fosse veramente un attacco straniero ci sarebbe una comune dichiarazione di guerra. Invece, non è mai stata data nessuna rilevanza e questo ci fa pensare che non si tratta assolutamente di un attacco straniero, ma di una forma di pugno di ferro nei confronti dei giovanissimi e dei genitori”.
Secondo lei, le proteste continueranno, c’è un presupposto?
“Le proteste non si sono mai state fermate, anche se non ci sono manifestazioni capillari come a settembre. Il dissenso viene manifestato dappertutto, non solo sui social. A capodanno, per la prima volta nella storia iraniana, moltissimi hanno aperto le finestre e hanno gridato “No alla dittatura”. Sono tutte voci che dicono noi non abbiamo cambiato idea non è finita e sicuramente le proteste continueranno, cambieranno ancora, ma non è finita”.
Quanto la rete e i social hanno influenzato le manifestazioni e perché il regime li ha limitati?
“Il telefonino è come un’arma. Un’arma di denuncia e ha creato tantissima consapevolezza su ciò che sta succedendo in Iran sia per gli iraniani sia per il mondo intero. Il mondo si è accorto finalmente cosa sta succedendo. Prima c’era solo la propaganda di regime e poche emittenti televisive o radiofoniche. Postare in rete significa anche dare alle persone la possibilità di sentirsi simili. La cosiddetta “generazione Z” in questo momento sta vivendo come i propri coetanei in tantissime altre città del mondo, però sanno di rischiare. Loro non vogliono vivere in maniera cupa, rinunciando ai loro interessi e sanno che questo stile di vita potrebbe comportare arresti ma lo fanno lo stesso e si sentono forti perché si sentono una rete, non si sentono soli. Ecco perché le autorità fanno di tutto per bloccarli perché sanno che è veramente uno strumento pericoloso nelle mani di giovani”.
Che Iran immagina nel futuro?
“Io penso che l’Iran sia un Paese maturo per avere una vera Repubblica, per poter vivere come altri Paesi democratici. Parliamo di una società civile giovane, istruita e progressista che conosce gli elementi della democraticità. Sono moltissime in Iran le persone che vogliono il cambiamento, ma sono in ostaggio di un gruppo di persone anziane, retrograde che hanno una visione completamente arcaica anche della religione stessa. A mio avviso è solo una forma di manipolazione della religione, per esercitare il potere sui cittadini. Perciò questa minoranza oscurantista ha preso il potere su una società civile giovane, piena di fermento culturale pieno di ideali di libertà e democrazia. Quando ci saranno elezioni libere, gli iraniani saranno abbastanza maturi per scegliere i propri rappresentanti e portare avanti il Paese in maniera democratica”.