Daniela Saresella è una storica e insegna storia contemporanea e storia dei partiti politici e sociali presso l’Università degli Studi di Milano. È co-direttore della rivista internazionale Modernism e membro del direttivo della SISSCO (Società per lo studio della storia contemporanea). Insieme a Lumsanews ha ripercorso l’evoluzione della militanza giovanile.
È vero che negli ultimi anni l’attivismo giovanile si è allontanato dalla questione sociale, concentrandosi invece sulla promozione dei diritti civili?
“I giovani adesso sono poco attenti alla questione sociale, è vero. Ma se pensiamo alla periodizzazione storica riusciamo a capirne il motivo. Un momento fondamentale è la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, quando finisce il periodo delle ideologie egualitarie che tendevano ad una forte attenzione alla questione sociale. Dagli anni Ottanta in poi c’è stato un turning point radicale, con l’imporsi di un’altra ottica e un’altra ideologia, il neoliberismo. Una teoria che a livello culturale ha concentrato l’attenzione non più sulla società ma sull’individuo, sulla sua forza e capacità. Le teorie neoliberiste hanno sostanzialmente accantonato nel tempo tutte le questioni sociali”.
Questo che significato ha avuto per i movimenti giovanili?
“Anche nei movimenti giovanili il problema della disuguaglianza è andato perdendosi per tanti anni. Un tempo, tra il ‘68 e il ‘69, negli anni della contestazione studentesca, il motto degli studenti protagonisti dell’autunno caldo era ‘Operai e studenti uniti nella lotta’. Questo mutuo riconoscimento col tempo si è dissolto. Tutti i movimenti giovanili che sono nati successivamente non hanno infatti più avuto come centro la questione sociale e la questione delle disuguaglianze”.
È stato un allontanamento netto dalla lotta per i diritti sociali?
“Sì, almeno fino alla grande crisi economica del 2008-2010, che ha messo in evidenza come queste teorie neoliberiste abbiano portato all’accantonamento delle questioni sociali. Questioni che invece sono tornate centrali con il depauperamento e l’aumento delle disuguaglianze nelle società occidentali. Come per la crisi del 2008, si può dire che anche la crisi post Covid 2020 abbia portato ad un risveglio delle coscienze sociali”.
Questo è avvenuto indifferentemente in tutto il mondo giovanile?
“Sì, in tutte le culture del mondo giovanile. È da qui che nasce ad esempio l’accentuazione dell’interesse per le dimensioni dei diritti dell’individuo anche nella cultura studentesca della sinistra, dimenticando quella che invece era la tradizione degli anni Sessanta e Settanta legata ai diritti individuali come parte di un corpo sociale e di un progetto più ampio. E questo perché storicamente il crollo dei partiti ha investito fortemente il mondo della sinistra più di quanto non lo abbia fatto con quello della destra, lasciando i ragazzi senza punti di riferimento strutturali e ideologici”.