CROTONE- I pm stanno cercando di ricostruire la catena dei soccorsi durante l’incidente di Cutro. I magistrati vogliono capire quali siano le decisioni prese dalle autorità italiane tra la serata di sabato 25 febbraio e le prime ore di domenica 26, quando il peschereccio con a bordo i migranti era già stato avvistato la sera prima del naufragio, intorno alle 23:03, a 38 miglia a sud-est di Capo Rizzuto, a largo della Calabria, in mezzo a un mare molto mosso.
L’imbarcazione era stata segnalata alle forze dell’ordine italiane da Frontex, l’agenzia dell’Unione Europea. Dopo quella segnalazione era stata presa la decisione di avviare un’operazione di sicurezza, e non di soccorso di eventuali persone in difficoltà: erano state inviate, incontro al peschereccio, due unità navali della Guardia di Finanza, e non della Guardia Costiera, maggiormente attrezzata per affrontare questo tipo di situazioni e specializzata nel soccorso.
Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, nel porto di Crotone erano presenti molte motovedette della Guardia Costiera specializzate proprio nel soccorso in mare di persone in difficoltà e capaci di navigare anche in mare forza 8, cioè onde più alte di quelle registrate nella notte fra sabato e domenica nell’area in cui si trovava il peschereccio. I magistrati stanno ancora ricostruendo la catena delle decisioni relative ai soccorsi per capire se siano avvenuti nella miglior maniera possibile o se ci siano stati ritardi che si sarebbero potuti evitare.
Le frasi shock nell’ordinanza del gip
Nel frattempo il numero delle vittime è salito a 67 e ancora si cercano dispersi in mare. È stato, inoltre, convalidato il fermo per tre scafisti alla guida dell’imbarcazione naufragata. Stanno facendo discutere i toni e le parole usate dal gip di Crotone, Michele Ciociola, nell’ordinanza con cui sono stati convalidati gli arresti. Nel prologo scrive: “In attesa dell’atteso ed osannato turismo crocieristico l’Italia per alcuni giorni scopre altri esotici viaggi alla volta di Crotone e dintorni”. Le bande dei trafficanti di esseri umani diventano gli “aurighi dei natanti”.
Infine, nel capitolo sulla ‘Qualifica giuridica dei fatti’, il gip scrive che “lo sbarco in questione non può essere ritenuto frutto di un epifenomenico accordo tra quattro amici al bar che, imbattutisi per caso fortuito in almeno 180 disperati, decidono di affrontare i perigli del mare per speculare sul desiderio di libertà dei disperati medesimi”. Infine il documento rimanda “ai posteri il gravoso compito di raccogliere, valorizzare e riscontrare gli elementi sintomatici già agli atti”.