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Zelensky: "La Crimea
tornerà ucraina
È territorio occupato"

Negoziati cinesi in alto mare

Proseguono gli attacchi russi

di Alberto Alessi27 Febbraio 2023
27 Febbraio 2023

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante una conferenza stampa | Foto Ansa

KIEV – Sono passati nove anni dall’invasione della penisola di Crimea. L’allora territorio ucraino, fu occupato dell’esercito russo, il primo atto di guerra tra Ucraina e Russia. Il presidente Volodymyr Zelensky, ricordando l’anniversario, non ha dubbi sulla prossima tattica: già dalla primavera promette una nuova offensiva di Kiev, forte del supporto statunitense: “Ci riprenderemo la Crimea”, promette. Con la forza o con i negoziati, poco importa: secondo il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak “la Crimea è un problema che viene discusso in un unico pacchetto, come un territorio che deve essere liberato”, di comune accordo il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, Jake Sullivan, per cui il futuro della penisola dev’essere deciso dagli ucraini “con il sostegno americano”. 

Il Cremlino nega ogni pretesa ucraina

La posizione del Cremlino rimane netta: “È impossibile che la Crimea torni all’Ucraina perché è parte integrante della Russia”, così il portavoce governativo Dimitry Peskov, che ha continuato ricordando che “al momento la Russia non vede le condizioni per uno sviluppo pacifico della situazione”. La cosiddetta “operazione militare speciale” russa continuerà, stando alle parole di Peskov, che interpreta come “assurde” le sanzioni, di cui è stato recentemente approvato il decimo pacchetto e che da circa un anno fiaccano l’economia della Federazione. Dietro un resistente scudo di intransigenza, Peskov afferma tuttavia che la Russia sta studiando “con grande attenzione” il piano cinese per un negoziato di pace con Kiev. Ma rimane saldo sul fatto che al momento non ci sono le premesse per “sviluppi pacifici”. 

La mediazione internazionale rallenta

Un dialogo difficile quello con la Cina a fare da mediatore: arriva da Pechino la protesta formale contro l’ultimo pacchetto di sanzioni americane con oggetto aziende sospettate di avere rapporti commerciali con l’esercito di Mosca. “Deploriamo la mossa”, ha comunicato Mao Ning, portavoce del Ministero degli Esteri, consigliando gli Usa a ritirare le sanzioni unilaterali, e promettendo misure “per salvaguardare con fermezza i diritti e gli interessi legittimi delle imprese cinesi”. Appianamento del quadro internazionale è però quello fornito dall’annuncio di Ankara relativo alla ripresa dei negoziati previsti il 9 marzo tra la Turchia – in precedenza interlocutore privilegiato nella mediazione tra Mosca e Kiev – e Svezia e Finlandia, candidati per l’ingresso nella Nato.

La situazione sui fronti di guerra

Continuano, intanto, i bombardamenti, sul territorio ucraino: nella notte tra 26 e 27 febbraio, sia nella capitale che nell’ovest del paese, sono stati adoperati in massa droni suicidi Shahed, di fabbricazione iraniana; il fuoco di sbarramento è continuato anche nella mattina a Kherson, in cui le forze di occupazione stanno colpendo le postazioni con proiettili esplosivi. Sul fronte orientale, il più sanguinoso, “stiamo fronteggiando un’offensiva lenta da parte dei russi che utilizzano un’altra tattica, specialmente a Bakhmut”, spiega il ministro della Difesa ucraino Oleksy Reznikov, secondo cui “stanno usando piccoli gruppi, ma subiscono perdite enormi ogni giorno”. Questo, per Reznikov, perché “utilizzano Wagner, gruppi di militari privati, usando le loro truppe come carne da cannone”. Sul fronte meridionale, bagnato dal Mar Nero, il Comando operativo Sud delle forze armate ha riportato l’avvistamento di un sottomarino portamissili accompagnato da navi da guerra e da supporto aereo, che potrebbe prefigurare un nuovo attacco anfibio tramite missili Kalibr.

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